E’ un po’ come succede quando
fanno il remake di vecchi film. La trama è fatalmente la stessa, aumentano gli
effetti speciali ma il coinvolgimento emotivo della prima volta non c’è più. Il
primo King Kong era girato con mezzi
rudimentali, ma la gente gridava davvero quando lo scimmione lottava con gli
aerei in cima all’Empire State Building. Il primo Guerre Stellari era girato senza computer, sarà che noi eravamo
molto più ingenui ma volete mettere la magia di quei primi duelli con la spada
laser e di quei voli nell’iperspazio di astronavi che solo la penna di grandi
scrittori di fantascienza come Asimov era riuscita fino a quel momento a farci
immaginare? Il primo Spiderman non
entusiasmava i ragazzini come quello rifatto recentemente, estremamente spettacolare
grazie ad una grafica ormai totalmente computerizzata, ma niente può eguagliare
l’emozione suscitata nei più adulti da quel breve, fugace momento in cui negli
occhi del costume dell’Uomo Ragno indossato da Tobey McGuire si riflettono le
Torri Gemelle, ai loro ultimi mesi di esistenza.
L’addio di Norberto Murara Neto alla
Fiorentina è un copione collaudatissimo ormai. Sappiamo a memoria cosa
succederà, chi sono i “buoni” che vinceranno, chi i “cattivi” destinati a
soccombere. Sappiamo perfino che stavolta la Fiorentina (intesa come squadra) potrebbe
guadagnarci qualcosa e non uscirne con le ossa rotte (intesa come società). Ma
volete mettere il pathos, lo psicodramma collettivo della prima edizione, l’affaire Montolivo?
Il copione ormai è uno standard.
Fu scritto all’epoca della Legge Bosman,
quella che all’inizio degli anni 90 abolì la proprietà del cartellino dei
giocatori da parte delle società, e perfezionato allorché qualche genio si
inventò le clausole rescissorie, apparentemente con l’intento di tutelare le
società, di fatto portando alla luce del sole, legalizzando quelle che altrimenti
sarebbero state manovre puramente sottobanco. Da allora, quando si appressa la scadenza
di un contratto, il giocatore che vuole cambiare aria (in genere perché, come
succede nello sport professionistico, qualcuno gli offre di più) intavola una
pseudo-trattativa al termine della quale c’è la “rottura controllata”. Il procuratore
ovviamente lo asseconda, perché dalla compravendita o dalla dipartita a
parametro zero comunque ci guadagna una percentuale legittima. C’è chi dice che
ci guadagna anche il direttore sportivo della società di partenza, e perfino
quello della società di arrivo, ma qui si va nel campo che il compianto
senatore Andreotti definiva del cattivo pensiero, quello che ci comporta di
commettere peccato anche qualora ci si indovini.
La vicenda di Riccardo Montolivo,
per i nemici “Passatina” è ormai
arcinota. La società, che all’epoca non viveva il suo momento di maggior
prestigio, lasciò passare il tempo utile per rinnovare il contrato al
talentuoso centrocampista bergamasco, che alla fine fu tentato dalle sirene del
Milan. “Lo sciagurato rispose”, per dirla con il Manzoni, ed i suoi procuratori
– Branchini e Pallavicino – ebbero buon gioco a barcamenarsi tra una posizione
apparentemente politically correct
verso la Fiorentina ed i propri interessi.
La Fiorentina rimase con un palmo
di naso, ma incredibilmente nessuno – da Della Valle all’ultimo uomo del suo
entourage – si stracciò le vesti. Autorizzando tra l’altro “andreottiani”
pensieri. Ci fu semmai uno scaricabarile reciproco per far passare la
controparte in cattiva luce. La città di Firenze – come spesso le succede –
abboccò in pieno. Addio figliol prodigo passato sulle sponde rossonere, avanti
ragionier Cognigni con il “secondo progetto” e tutta una serie di acquisti,
Aquilani in primis, destinati a far dimenticare l’ingrato. Che comunque si
tolse una bella soddisfazione sbeffeggiando al Franchi il suo “erede” David
Pizarro e segnando il gol che alla fine della stagione fece la differenza:
Milan in Champion’s, Fiorentina in Europa League.
Sono passati tre anni. La storia
si ripete con Norberto Murara Neto, il portiere pescato da Corvino nel “mare
magno” delle promesse brasiliane. Dopo una gestazione particolarmente
difficile, il brutto anatroccolo che doveva combattere per la maglia numero 1
con l’enfant du pays Emiliano Viviano
ne ha fatta d strada, lavorando sodo, ingoiando sfiducia, sberleffi ed insulti,
costruendosi giorno dopo giorno la reputazione di uno dei migliori portieri
della serie A italiana. Tanto che diverse società di vertice di quella serie A
(dalla Juventus che sta per dare addio al monumento Buffon a Roma e Inter
scontente di quello che hanno in casa) sembra che l’abbiano messo nel proprio
mirino. Le offerte fatte al giocatore ed al suo entourage sono consistenti, di
gran lunga superiori a quelle, peraltro tardive, avanzate dalla Fiorentina nel
tentativo di rinnovare.
Risultato, il buon Norberto non
ha nessuna intenzione di rinnovare, vuole andare là dove lo porta non il cuore
ma il professionismo. Dove si guadagna di più e magari si può anche vincere
qualcosa. Ecco quindi che comincia il secondo tempo di quel film già visto,
quello in cui la colpa di un addio non proprio indolore (almeno tecnicamente)
va scaricata sul reprobo, spostando i riflettori via da vertici societari che
stanno tirando per le lunghe diversi rinnovi, a cominciare da quello ancor più
importante di Alberto Aquilani, con l’intenzione evidente di sostituire una
plusvalenza di bilancio ad un patrimonio tecnico della squadra.
La “bambola” è già partita, i
primi striscioni sono già comparsi. Neto ingrato, è il mantra che di qui a
giugno ricorrerà più spesso sulla bocca di un tifo che proprio non ce la fa a
crescere, che non vuole superare vecchi traumi e vecchie immaturità. Fermo ad
Antognoni, come se già Baggio pochi anni dopo non avesse mostrato chiaramente
che il mondo stava cambiando irrimediabilmente. Fermo ad un aziendalismo che
possiamo comprendere in chi da queste operazioni di mercato in un modo o nell’altro
ci guadagna, non in chi ci rimette, pagando di tasca propria lo spettacolo di
una Fiorentina che una volta di più sta vivendo una fase involutiva. Empoli,
Sassuolo, PAOK, Dinamo Minsk, sono i nomi altisonanti di chi è venuto a fare
una scampagnata al Franchi, tornando via con un punto neanche troppo sudato. In
Italia ci ha spesso pensato il ragazzo venuto dal Brasile a far sì che i punti
scivolati via non fossero ancora di più. In Europa, colui che dovrebbe
sostituirlo, il buon Tatarusanu, non è che abbia convinto più di tanto.
Forse più che sulla gratitudine
di Neto varrebbe la pena d interrogarsi sulla capacità professionali di chi l’ha
lasciato arrivare a questo passo d’addio (senza contropartite o salvaguardie
tecniche). Da Montolivo a Neto il ragionier Cognigni ed il so staff non hanno
apparentemente imparato nulla, a meno di non voler indulgere nei soliti
andreottiani cattivi pensieri. Anzi, promettono di fare peggio con il rinnovo
di Aquilani, e con un apparente tentativo di cessione entro gennaio di Neto a
destinazioni che non si vede come l’a questo punto ex portiere viola potrebbe
accettare. Tutto pur di non farlo andare là dove probabilmente finirà per
andare: a una diretta concorrente italiana.
Ad Anagni, uno dei pontefici più
dispotici della storia prese un celebre schiaffo che si riverberò su tutta la
Chiesa Cattolica, mettendola in difficoltà tali da cui non si sarebbe più
ripresa fino alla Riforma Protestante. Non vorremmo che, per far rima, la
Fiorentina non stesse subendo in questi giorni lo “schiaffo di Cognigni”. Per
scoprire, nel modo più doloroso possibile, che stavolta non si tratta di
sostituire un portiere o un centrocampista. Ma bensì di rendersi conto che il “progetto”
non abita più qui. Se mai vi ha abitato.
Nessun commento:
Posta un commento