28 novembre 2013
"Essendo stati respinti tutti gli ordini del giorno
presentati in difformità dalla relazione della Giunta per le Immunità che
proponeva di non convalidare l'elezione di Berlusconi la relazione della Giunta
deve intendersi approvata".
Con
queste parole il Presidente del Senato Pietro Grasso ha dato ieri sera
l'annuncio della decadenza di Silvio Berlusconi dallo status di parlamentare della Repubblica, dichiarando invalidata la
sua elezione del 24 febbraio scorso. A prendere il suo posto è il primo dei non
eletti del PdL, il molisano Ulisse Di Giacomo, già insediato in carica.
Gli
ordini del giorno che si opponevano alla convalida della proposta di decadenza
formulata dalla Giunta per le Immunità (la commissione senatoriale che deve
appunto giudicare sulla validità dei risultati elettorali confermandoli o meno,
qualora ci siano dei ricorsi a norma della vigente legge Severino) erano nove e
su ciascuno di essi il Senato ha espresso voto negativo. L'asse pro-decadenza,
che andava dai convinti grillini ai parzialmente-convinti-parzialmente-recalcitranti-perplessi
democratici ha retto, favorito dal voto palese che ha reso evidentemente
impraticabili certi “ripensamenti notturni” verificatisi in passato. Agli onori
della cronaca erano assurti in passato soprattutto quelli di Scilipoti e De
Gregorio, che in un paio di circostanze assai critiche erano arrivati a portare
un soccorso insperato al Cavaliere, determinandone epocali vittorie di misura.
Stavolta, ognuno dei senatori ha votato forzatamente “secondo coscienza”.
Il
risultato è che da ieri Silvio Berlusconi, il leader tuttora incontrastato di
quello che i sondaggi continuano a indicare come il maggior partito italiano,
non è più un parlamentare della Repubblica, e per effetto di ciò non gode più
dell'immunità riconosciuta dalla legge a chi siede a Palazzo Madama o
Montecitorio. Tra le conseguenze, l'impossibilità di ricoprire cariche elettive
o di governo, ma soprattutto la possibilità di essere sottoposto a
provvedimenti restrittivi quali perquisizioni, intercettazioni o addirittura
l'arresto, anche se l'eventualità pare assai remota secondo valutazioni bypartisan.
Berlusconi potrebbe evitare la fine del suo cursus honorum politico solo se un altro Stato della Ue (non
l'Italia, evidentemente) gli offrisse una candidatura al Parlamento Europeo. La
Legge Severino infatti non gli lascia scampo: decaduto dal suo scranno di
senatore immediatamente con il voto del Parlamento, a decorrere dal passaggio
in giudicato della sentenza Mediaset e' incandidabile per sei anni. In pratica,
è una condanna a vita.
Si
chiude in ogni caso un'epoca storica per il nostro paese, un ventennio in cui
il leader di Forza Italia è stato il protagonista assoluto che ha relegato
qualsiasi altro attore politico al ruolo di comprimario. Che cosa si apre
adesso al suo posto è comunque difficile dirlo. Diversi commentatori parlano
già di “campagna elettorale aperta”. Del resto tra le valutazioni di
opportunità circa l'adozione del provvedimento odierno da parte del Senato, più
che la giustizia (categoria dello spirito umano dai connotati non sempre
tracciabili con certezza, ma spesso soggetta a determinazioni individuali,
ondivaghe, non oggettivabili) è stato chiaro fin da subito che avrebbe influito
la convenienza politica. Reggerà o meno il governo Letta all'indubbio terremoto
che la decadenza di Silvio Berlusconi dal Parlamento è suscettibile di
provocare?
Ai
posteri, anche a breve, l'ardua sentenza. "E' un
giorno amaro e di lutto per la democrazia", ha intanto commentato lo
stesso Silvio Berlusconi da Piazza del Plebiscito a Roma dove parlava ai suoi
sostenitori. ''Il Senato di sinistra con il suo potere ha ordinato al tempo di
fare freddo'', ha scherzato a denti stretti il leader del centro-destra, che ha
accusato la magistratura di cercare "la via giudiziaria al socialismo
contro il capitalismo borghese (…) Quando la sinistra non è al potere la
magistratura fa di tutto per farla tornare al potere".
Il
dramma che si sta svolgendo sul palcoscenico della politica italiana trae ormai
sempre più ispirazione dalla poetica shakespeariana. Dall'Amleto al Giulio
Cesare sono molti i capolavori letterari a cui potrebbe richiamarsi il
copione che sta andando in scena nei palazzi del potere romano. Qualcuno già
azzarda discorsi sul “cadavere di Cesare” che vorrebbero non aver niente da
invidiare a quello del Marcantonio del grande drammaturgo inglese. Peccato che
nessuno, con pur con tutta la buona volontà, possa ravvisare in Angelino Alfano
la dignità del “Bruto uomo d'onore” che ha giustificato le sue coltellate con
la necessità di abbattere il padre-tiranno per il bene della libertà.
E
a proposito di libertà, chiunque stia aspettando i congiurati a Filippi, in
ogni caso, speriamo che non ci governi per altri vent'anni.
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