In assenza di notizie di mercato,
la notizia del giorno è che Giuseppe Rossi torna ad essere un giocatore
convocabile per la Nazionale italiana di calcio. La rivoluzione copernicana si
consuma intorno alle 10,00 del 21 agosto, allorché il nuovo CT varca le Colonne
d’Ercole del Centro Sportivo dell’A.C.F. Fiorentina, i cosiddetti Campini.
Atto di coraggio o atto dovuto?
Ripensando ai trascorsi di Antonio Conte a Firenze verrebbe da pensare più alla
prima ipotesi. Nei tre anni trascorsi sulla panchina bianconera, ricordiamo la
prima comparsa nella notte della vergogna (non per lui, malgrado la presa in
giro da parte di uno stadio Franchi dove tutti indossarono una parrucca viola
in suo onore, ma per la Fiorentina che si fece travolgere 5-0 in casa propria dall’odiata
rivale bianconera). Poi la seconda dietro un vetro di plexiglas antisfondamento
(era il periodo in cui doveva scontare la squalifica per la omessa denuncia
degli illeciti sportivi occorsi quando sedeva sulla panchina del Siena). E
infine la terza, la scorsa stagione, cominciata così bene e poi finita così
male per la valanga di gol segnati alla sua Juventus da Pepito Rossi. Infine la
notte della maledetta di Pirlo e del passaggio ai quarti di Europa League a
spese della Fiorentina, con Rossi fuori gioco per infortunio.
E’ proprio per Rossi che Conte
torna a Firenze dopo alcuni mesi, in una delle primissime uscite da Commissario
tecnico azzurro. Il Teorema di Prandelli è rovesciato, la patria pallonara può
essere salvata – e la nazionale rifondata – proprio a partire da quei pochi
fuoriclasse che abbiamo. E di questi forse Rossi è quello più importante. “Sono
venuto per parlare con Montella, perché siamo molto interessati a Rossi e
vogliamo trovare insieme a lui una tempistica giusta per l’utilizzo del
giocatore”.
Da notare, Pepito è a riposo per
il risentimento accusato in allenamento prima dell’amichevole con il Real
Madrid, eppure il neo CT non ci pensa neanche un attimo ad avere perplessità
circa il suo futuro in azzurro. In città intanto infuria la battaglia tra il
pessimismo cosmico di marca viola ed il revisionismo pirandelliano (in un senso
o nell’altro), e per di più qualcuno il tempo per inalberarsi a veder spuntare
all’orizzonte qualcosa che ha a che fare con il bianconero lo trova sempre.
Antonio Conte passa indenne attraverso tutto ciò. A lui interessa solo
dimostrare anche in questa nuova avventura federale di essere il vincente che è
stato nei tre anni appena trascorsi. Gli servono i campioni, e qui ce n’è uno,
perciò eccolo qui.
“Mi fido di Montella, aspetto che
sia lui a spiegare quali sono le condizioni di Rossi”, dice Conte prima di
entrare ai Campini. “Non sono più
l’allenatore della Juve, oggi sono l’allenatore dell’Italia e quindi ho bisogno
della collaborazione di tutti. L’accoglienza è stata ottima da parte della
Fiorentina ed è andato tutto benissimo. Come ho trovato Pepito? Bene, contiamo
molto su di lui”, dice alla fine, prima di risalire in auto e lasciare Firenze.
E’ una rivoluzione che si consuma
nel tempo che dura l’allenamento, con Rossi che svolge il lavoro personalizzato
mentre parla con il mister viola e quello azzurro, oltre che con i dirigenti
della A.C.F. Fiorentina presenti al Centro Sportivo. Alla fine sarà Sandro
Mencucci a riassumere la posizione della società. “A nome della Fiorentina faccio
i migliori auguri e un grosso in bocca al lupo a Conte, che sia un grande
allenatore è fuor di dubbio. E nella circostanza ha dato un’ottima impressione.
Se la Nazionale vuole tornare a giocare a Firenze, perché no, noi ci siamo”.
Per la Fiorentina, insomma, c’è
molto di più in ballo che il recupero e la valorizzazione del patrimonio
artistico rappresentato da Giuseppe Rossi. C’è il recupero di un rapporto con
la Federazione e con la Nazionale – con il resto d’Italia, in una parola – che
malgrado gli auspici dei patron Della
Valle non è mai finora decollato durante la loro permanenza in sella alla
società viola. E che è visto giustamente come essenziale per creare intorno
alla stessa società ed alla squadra una corrente di simpatia che al contrario
del clima di “muro contro muro” vissuto negli ultimi anni non sia
pregiudizievole per le ambizioni sportive di una proprietà che pare finalmente
intenzionata a fare un ragionevole sforzo per aggiornare il capitolo vittorie.
Il passato è passato,
l’eventualità che molti tifosi viola si riconcilino con l’ambiente circostante
è ancor meno probabile di quella che Prandelli faccia con Pepito Rossi quello
che ha fatto il suo collega selezionatore della Nazionale australiana Ange
Postecoglou con Joshua Brillante, cioè gli chieda scusa per non averlo
convocato (e magari anche per le dichiarazioni post-mondiale). Ma la società
almeno ha il dovere di aprire un’era di distensione, così come di presentare
una squadra competitiva. E non c’è dubbio che in entrambi i casi attualmente
stia facendo in pieno il suo dovere.
Dicevamo in apertura del mercato:
molto rumore per nulla. E va bene così. Cuadrado è ancora qui.
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