Il primo atto della gestione
Tavecchio è dunque la nomina del nuovo Commissario Tecnico della Nazionale. Un
atto quasi dovuto, se si pensa alla necessità drammatica di rilancio di un
calcio – quello italiano – che è arrivato in occasione del mondiale brasiliano
al suo minimo storico. Antonio Conte, reduce da tre anni di successi sulla
panchina della Juventus (bruscamente interrotti circa un mese fa con un addio
che sul momento era sembrato a sorpresa), è il tecnico più vincente del calcio
italiano al presente, essendo Fabio Capello fuori mercato a causa del contratto
che lo lega alla Federazione Russa fino al 2018 e ai mondiali disputati in casa
di Putin.
Volendo tornare a vincere
qualcosa, c’era insomma poco da scegliere. I nomi che si facevano in
alternativa erano poco appetibili e poco convincenti. Sulla panchina azzurra
torna a sedersi un allenatore che viene da vittorie di club importanti, e
pazienza – almeno per la metà d’Italia che non è bianconera – se quelle
vittorie sono state tutte ottenute in quel di Torino, come era successo nei
casi precedenti di Lippi e Trapattoni.
Ma più che la provenienza del
nuovo CT a scatenare il web in un’ondata di polemiche che forse meriterebbero
cause migliori è la natura economica dell’accordo. Ad Antonio Conte andranno 3,5
milioni di euro l’anno, dei quali 1,6 ce li metterà la Federazione, che sulla
base di questa cifra aveva già offerto al predecessore Cesare Prandelli un
improvvido e intempestivo rinnovo già prima dei disastrosi mondiali brasiliani,
mentre i restanti 1,9 ce li metterà lo sponsor della Nazionale, la Puma.
Sono cifre importanti, che indubbiamente fanno una certa impressione in un mondo in
cui ormai la parola d’ordine è un motto anglosassone, spending review, e molte
persone hanno visto spostarsi la soglia della disperazione dalla fatidica terza
settimana alla seconda, o addirittura anche alla prima. Ma a ben vedere, la
spesa a carico dello Stato è la stessa delle passate gestioni, e almeno su
questo a Tavecchio e a chi l’ha voluto dov’è adesso non si può fare nessuna
colpa. Quanto alla Puma, rifiutarne
il contributo è il classico dispetto del marito alla moglie. Dove sarebbe la
Nazionale tedesca senza il sostegno storico dell’Adidas?
In realtà, in un paese dove il
Presidente della repubblica guadagna più di quello degli Stati Uniti, dove il
capo della Polizia guadagna più di quello della C.I.A., dove un qualunque “manager”
pubblico o privato si sente autorizzato a chiedere (e ad ottenere) cifre
stipendiali che nel resto del mondo civile restano sogni irrealizzabili per
figure professionali omologhe o equivalenti, una volta di più ci si dimostra
disposti a scandalizzarsi per la busta paga e per le prebende degli altri.
Fatta salva magari la propria discutibile disponibilità assoluta a mettersi in
coda a rinnovare abbonamenti costosissimi ad un calcio che per lo spettacolo
che offre ormai meriterebbe di fare la fine che gli aveva auspicato il buon
Mario Monti (con l’unica proposta politica che con il senno di poi aveva
azzeccato). Oppure a pagare mensilmente alle PayTV cifre che probabilmente si
reputano inammissibili per il pagamento di un qualunque servizio pubblico.
Siamo in Italia, ed il moralismo
a buon mercato o a costo zero portato avanti nell’ambiente confortevole e di
tutto riposo dei social network ha un fascino irresistibile. La Presidentessa
della Camera dei deputati non trova di meglio che diversificare il servizio di
parrucchiera (mettendo fine ad una odiosa discriminazione sessista), e tutti
zitti. Il Presidente della Regione Toscana invece scatena i suoi ghost writers
(a carico pubblico) cavalcando la tigre dell’indignazione in perfetto stile Uomo Qualunque che riaffiora nella nostra
società dove facebook sta distruggendo gli ultimi neuroni funzionanti. Con quei
soldi ci avremmo pagato almeno 200 infermieri, tuona il Governatore Rossi,
dimenticandosi magari poi di spiegare che fine hanno fatto i soldi che lui
aveva in gestione, e perché la sua amministrazione continua a tagliare
ospedali, servizi e posti di lavoro nel settore sanitario.
Unicuique suum. La parola d’ordine è demagogia
insomma, e a tutti i livelli chi più ne ha più ne metta. Nessuno sa fare a meno
di un balocco costoso e scadente come il calcio, ma è proprio nel calcio che
vorremmo veder attuarsi una moralizzazione che non abbiamo nessuna seria
intenzione di promuovere in qualsiasi altro settore della nostra vita civile.
Il calcio ha effettivamente delle aggravanti comportamentali, nella vicenda
della Nazionale per esempio la commedia delle parti è stata veramente
disarmante.
Secondo quella corrente di
pensiero cosiddetta deterministica, niente è mai lasciato al caso. Prandelli
conclude ignominiosamente il mondiale il 24 giugno, il 29 ha già il contratto
con il Galatasaray (oltre a quello – rescisso – con la F.I.G.C.). Pochi giorni
dopo Antonio Conte lascia Torino sbattendo quasi la porta e malgrado tutta la
dietrologia possibile e immaginabile i giorni successivi dimostrano che non ha
in mano niente, contrattualmente parlando. Tutti però sanno che la data
decisiva è quella dell’11 agosto, Tavecchio o non Tavecchio, to be or not to be. Arriva Tavecchio, e la prima cosa che fa è
telefonare a Conte rassicurandolo che il prossimo è lui.
Antonio Conte è probabilmente l’uomo
giusto che arriva al posto giusto nel modo sbagliato, è una costante italiana e
a quanto pare c’è poco da fare. Quello che ci si può augurare è che trasferisca
in azzurro tutta la grinta che ha messo in bianconero per tre anni e che l’Italia
torni ad essere qualcosa di più dell’ectoplasma – complicato dai neurodeliri di
Balotelli – visto all’opera negli ultimi anni.
Poi c’è la questione di Firenze,
dove già molti brontolano e rumoreggiano, farneticando di nuovi assedi,
boicottaggi o non si sa bene che altro presso il Centro Tecnico Federale di
Coverciano. Firenze si è spesso fatta male da sola negli ultimi 20 anni proprio
coltivando una guerra personale alla Federazione e alla Nazionale che non ha
prodotto niente di buono e anzi spesso ha complicato i tentativi di ripresa di
un discorso di vittorie. L’auspicio è che questo atteggiamento cambi, che la
Nazionale di Conte venga a Coverciano tranquilla a preparare un nuovo ciclo di
vittorie, e che i fiorentini ritrovino il gusto antico del fare, che troppo
spesso in epoca recente è stato sostituito da quello del parlare.
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