Dodici anni. Tanto tempo è
passato da quando andò tutto in pezzi. Da quando la Città di Firenze perse una
delle sue istituzioni più importanti, più caratterizzanti l’essere fiorentini,
insieme al Calcio Storico, alla Festa del Grillo, allo Scoppio del Carro, alla
Rificolona. Da quando morì l’A.C. Fiorentina. Sembrava, e sembra ancora oggi,
decisamente impossibile.
La società fondata nel 1926 dal
marchese Luigi Ridolfi, la squadra dalle maglie viola, ormai faceva (e farà
sempre) parte della città in modo indissolubile. Vederla sparire in quel modo
fu come trovarsi al Piazzale Michelangelo e vedersi togliere all’improvviso la
vista di uno dei monumenti famosi in tutto il mondo e che costituiscono nel
loro complesso il colpo d’occhio che tutti associamo a Firenze. Levate il
Campanile di Giotto, o la Cupola del Brunelleschi, e cambia tutto. Levate la Fiorentina,
levate la bandiera viola sulla Torre di Maratona dello stadio di Luigi Nervi, e
niente sarà più come prima.
Eppure accadde. Undici anni fa.
Era un’estate ancora più calda di questa, la squadra era reduce da una delle
stagioni più disastrose, conclusasi con la retrocessione nella serie cadetta,
la controversa e discussa proprietà della famiglia Cecchi Gori volgeva al
termine tra debiti e lotte politico-economiche nazionali e locali. Ma i tifosi
viola, abituati da sempre a soffrire, ne avevano viste così tante da non poter
credere che anche questa crisi non sarebbe stata superata.
E allora, si diceva, alla Roma,
alla Lazio, al Parma, al Napoli cosa dovrebbero fare? Alla fine ci salveranno,
qualcosa si inventeranno…. Non andò così. Il Palazzo, che non ci aveva mai
amato particolarmente, quella volta non si inventò proprio niente per salvarci.
Nei giorni compresi tra la fine di luglio e la metà di agosto 2002 si consumò a
Firenze uno psicodramma incredibile. Una sera si andò a letto senza più avere
una squadra di calcio, la nostra squadra del cuore, due o tre giorni dopo
ci si svegliò leggendo sul giornale che il Comune, applicando una norma fino ad
allora sconosciuta del diritto sportivo e societario, aveva recuperato dalla
defunta A.C. Fiorentina il titolo sportivo e l’aveva consegnato nelle
mani di un industriale marchigiano fino ad allora quasi sconosciuto, Diego
Della Valle, patron della Tod’s.
I retroscena di questa vicenda,
dal fallimento Cecchi Gori all’avvento di Mister Tod’s, sono tutt’ora oggetto
di discussione tra gli addetti ai lavori e i tifosi. Quello che è certo è che
da una morte certa a una resurrezione che definire miracolosa è poco il passo
fu brevissimo, e il 3 agosto 2002 prese il via un’epopea che portò da subito la
Fiorentina rinata (o Florentia Viola, come si chiamò inizialmente) sulle
prime pagine di tutti i giornali non solo sportivi, e i suoi proprietari a una
notorietà indiscussa, per i risultati ottenuti ma anche per alcune iniziative
decisamente dirompenti rispetto a un mondo del calcio ingessato in un
tradizionalismo di comodo.
I guai per la Fiorentina non
erano certo finiti, come la vicenda di Calciopoli si sarebbe incaricata
di dimostrare ben presto, ma la più grave crisi della sua storia fu
brillantemente superata. Nessuno fuori di Firenze, a parte Della Valle, aveva
dato una mano alla Fiorentina. E tuttavia la Fiorentina era risorta.
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