Poche volte una pausa di
campionato per la Nazionale è stata necessaria alla Fiorentina come questa, per
recuperare infortunati ed affaticati. Poche volte è stata così fastidiosa, ad
allungare per giocatori e tifosi l’attesa dei prossimi decisivi impegni.
Sabato finalmente il pallone
torna a rimbalzare sull’erba del Franchi. Ancora tre giorni in cui ci si gioca
tutto. Per prolungare sogni come non se ne facevano più da un passato ormai
lontano o vederli spegnersi come altre volte nel passato recente.
Sabato arriva la Sampdoria, ed è
un primo scontro da dentro o fuori.
Sono tanti i motivi per cui questa è una partita fondamentale, quasi una sfida
all’OK Corral. La Samp è avanti alla Fiorentina, la differenza matematica la
fanno quei tre punti lasciati a Marassi il giorno che Gonzalo Rodriguez sbagliò
l’unico rigore della sua carriera in viola, e tutta la squadra sbagliò partita
affrontando con le gambe molli e la testa rilassata, troppo rilassata la
squadra messa in campo dall’ultima delle tigri
di Arkan.
Già, perché l’altro motivo che ne
fa una sfida sentita è lui, Sinisa Mihajlovic, l’uomo che fu preso per non far
rimpiangere Cesare Prandelli e che invece si trovò a gestire uno dei periodi
più deprimenti dell’intera storia viola. Incolore dapprima, sportivamente
tragico alla fine, con quella panchina lasciata ad un Delio Rossi capace di
farsi ricordare soltanto per degli schiaffi ad Adem Llajic che il serbo avrebbe
dovuto prendere molto prima e nelle sedi opportune.
A Sinisa, che quegli schiaffi
avrebbe potuto, saputo e voluto tirarli al suo connazionale sia dalla panchina
viola che da quella della Nazionale del loro paese, toccò allenare una banda in
smobilitazione, le “vedove di Prandelli”,
giocatori che ormai qui a Firenze avevano fatto il loro tempo. A cui si era
spenta la luce, come avrebbe rimarcato Gilardino. A cui il viola non si
intonava più, come aveva già fatto sapere Montolivo. In cui il lato oscuro
dell’anima era tornato a prevalere, come quell’Adrian Mutu che – malgrado i noti
screzi del passato – era considerato da Mihajlovic la sua arma migliore, in
attesa dell’esplosione dell’altro connazionale Stevan Jovetic. Un’esplosione
che come tante altre quell’anno non sarebbe mai arrivata.
La tigre Sinisa a Firenze non
riuscì mai a ruggire ed alla fine dovette andarsene sconsolato. E’ da dubitare
che con lui in panchina sarebbe mai arrivato un tracollo come lo 0-5 casalingo
con la Juventus, ma è un fatto che nel suo anno e mezzo la Fiorentina non
entusiasmò mai. I tifosi non hanno un gran ricordo di lui, stretto tra
Prandelli e Montella, due che al contrario hanno fatto sognare e divertire.
Quando le strade di Mihajlovic e
della Fiorentina si sono incrociate di nuovo, l’anno scorso al primo incontro
con la Samp, gli chiesero cosa invidiasse appunto a Montella. La sua risposta,
secca, fu: “la squadra, che io a Firenze
non ho avuto”. All’andata, il 3-1 di Marassi con l’apoteosi del gol beffa
di Eder che mise a sedere tutta la difesa viola deve avergli fatto
comprensibilmente piacere. Ancor più gliene farebbe sabato estromettere
definitivamente la sua ex squadra dalla corsa alla Champion’s League. P.S. La
partita ha un altro ex, quell’Emiliano Viviano che – grandissimo tifoso viola –
ha tuttavia fatto benissimo dappertutto meno che qui. Speriamo bene.
Tre giorni dopo arriva la
Juventus. Non c’è bisogno di dire altro. La partita avrebbe le sue brave
motivazioni anche se in palio ci fosse soltanto il gelato al bar dell’angolo,
come da ragazzini. E in palio invece c’è la finale di Coppa Italia, la
rivincita su tante sconfitte al cospetto dei bianconeri in vista di un’altra
possibile rivincita più avanti contro gli azzurri partenopei o i biancocelesti
capitolini.
Quest’anno la Fiorentina ha un
match ball ancora più clamoroso di quello dell’anno scorso da giocare. La buona
notizia è che non c’è Pirlo a battere eventuali punizioni. La cattiva è che ci
sarà Marchisio, malgrado il comico equivoco tra medici azzurri e bianconeri, la
Juve è riuscita nell’intento di risparmiare il suo centrocampista per la sfida
decisiva del Franchi di martedi, che non ha affatto rinunciato a voler fare sua
malgrado parta da una sconfitta casalinga.
I bianconeri hanno nel loro DNA
la voglia di vincere sempre e comunque. L’unico modo di batterli è coltivare
all’interno del proprio di DNA qualcosa di simile. Servirà che i ragazzi di
Montella scendano in campo con gli occhi della tigre. Il vecchio compagno di
squadra di Sinisa Mihajlovic ai tempi di una Sampdoria molto più forte
dell’attuale (non ce ne voglia viperetta
Ferrero) a questo punto dovrebbe aver voglia di legare il suo nome a qualche
vittoria, aggiungendo qualche trofeo ad una bacheca che è tristemente ferma
all’anno di grazia 2001, a
cui seguì poi quello di disgrazia 2002.
Hanno lo sguardo diverso ma
ugualmente intenso Sinisa Mihajlovic e Vincenzo Montella. Vediamo chi guarda
più lontano. Tra tre giorni. Tutto in tre giorni. Ancora una volta. A proposito,
Vincenzo, dai retta, il turnover lasciamolo per quest’estate al mare.