lunedì 23 marzo 2015

In Friuli turnover amaro per la Fiorentina



Fa rabbia. Due punti persi proprio nel momento in cui nelle posizioni di alta classifica tutto è in movimento e di fronte ad una Udinese tutt’altro che trascendentale. Se quella di ieri fosse stata una gara ciclistica, potremmo dire che Roma e Lazio provano ad allungare e solo la Sampdoria riesce per ora a resistere al loro scatto, mentre la Fiorentina rimane piantata sui pedali insieme al Napoli avendo sbagliato rapporto. Ma è una gara di calcio, si gioca – o si dovrebbe giocare – in undici e al posto di un attrezzo tutto sommato dal funzionamento abbastanza semplice ed inesorabile come la bicicletta c’è una palla, che com’è noto è rotonda. E a volte rimbalza come pare a lei e non come ti aspetti.
La vita è un percorso di crescita in tutte le cose umane, e non puoi mai dire di essere arrivato. Perfino ad un mostro sacro come Mourinho può capitare di farsi sfuggire sotto il naso un Salah. Figuriamoci se non può succedere ad un giovane allenatore in ascesa come Montella di lasciarlo in panchina per settanta minuti mentre la sua squadra annaspa. Per quanti progressi abbia dimostrato di aver compiuto Vincenzo soprattutto in questa stagione, l’errore ci può stare sempre.

L’importante, usando ancora metafore ciclistiche, è rimontare in sella subito e riprendere a pedalare. Oppure mostrare – come ha fatto il prode Mario Gomez ai microfoni della televisione subito dopo il match – un comprensibile e condivisibile disappunto per come la squadra ha sciupato malamente i suoi due splendidi gol. Queste cose una grande squadra non le deve fare, e non ci sono alibi, men che meno quello della stanchezza, visto che il mister ha sempre operato un ampio turnover.
Già, il turnover. Magari con due settimane di riposo davanti stavolta a Udine se ne poteva fare a meno, per sfruttare il turno non proibitivo e restare agganciati al gruppo in fuga. Poi ci sarebbe stato comunque il tempo di recuperare affaticati e infortunati. Invece Montella decide di lasciare in panchina l’arma letale egiziana e di scendere in campo con almeno tre giocatori dal rendimento in questo momento problematico, che ottengono per almeno un tempo di esaltare un’Udinese che naviga ai margini della zona pericolosa della classifica, aggrappata al sempiterno e inossidabile Totò Di Natale e a poco altro.
Prima della gara, aveva parlato una vecchia conoscenza del tifo fiorentino. Andrea Carnevale è uno spettro che evoca un passato a cui da queste parti nessuno preferisce riandare col pensiero, se appena può. Quel giugno 1993 è ancora una ferita aperta, con quel biscotto tra romanisti e friulani che costò ai viola una retrocessione in B capace di avvelenare tra l’altro gli ultimi mesi di vita di Mario Cecchi Gori. L’uomo che adesso fa l’osservatore per l’Udinese quel giorno giocava per la Roma e sbagliò un gol a porta vuota che consentì all’Udinese (alla quale l’anno dopo fu praticamente regalato) di salvarsi al posto della Fiorentina.
Carnevale suona adesso la tromba annunciando spavaldo una grande partita dell’Udinese. Anche se buona parte degli attuali portacolori viola erano appena nati all’epoca del fattaccio, la sua faccia e le sue parole sarebbero una motivazione sufficiente, se all’ambiente viola ne mancassero. Nessuno è mai riuscito a saldare veramente il conto ai friulani (ai romanisti forse finalmente sì), che anzi nel corso degli anni sono diventati una specie di bestia nera per i viola, soprattutto nell’era Guidolin – Di Natale.
Adesso sulla panchina bianconera c’è il dandy Stramaccioni. Cambiando gli allenatori, il prodotto non cambia. Una Fiorentina morbida e sconclusionata si offre alle ripartenze friulane coordinate dal vecchio intramontabile bomber napoletano a cui la stessa società viola ha fatto una lunga corte mai andata a buon fine. Almeno due generazioni di difensori viola non ci hanno capito niente su come si marca il numero 10 dell’Udinese. Che lo schiaffo in faccia alla Fiorentina – più o meno doloroso – trova sempre il verso di rifilarglielo. Più facile quando è ben disposta (di atteggiamento, non in campo) come ieri.
Vincenzo Montella lascia in panca Salah e mette in campo insieme al falso nueve un falso centrocampo. Ci sarebbe per la verità un nueve vero nella persona di Mario Gomez redivivo, centravanti vecchia maniera che avrebbe un gran bisogno di una seconda punta che lo aiuti e gli crei spazi, per non ritrovarsi abbandonato in avanti come gli succede anche in Friuli per almeno un tempo. Dietro di lui, se si eccettua un Badelj sempre più in crescita e ieri anche decisivo nell’azione del secondo gol viola, c’è praticamente il nulla.
Kurtic ormai è un caso: potrebbe trovare impiego in tante aziende di proprietà dei Della Valle, non si capisce perché proprio in quella che si occupa di calcio. Borja Valero è un altro caso: gli standard minimi per giocare in serie A sono sempre più lontani, nell’occasione ha il passo di un giocatore di calcio a 5 categoria over 40. Ilicic è il solito equivoco, non giocherebbe nemmeno male e ci metterebbe anche impegno, ma di velocizzare la manovra e saltare l’uomo proprio non se ne parla.
Con questo centrocampo di avventizi il primo tempo è come un’equazione matematica. L’Udinese trova un gol francamente ridicolo dopo un quarto d’ora di possesso palla della Fiorentina senza sbocchi. Sul solito corner a cui mezza Fiorentina assiste come le belle statuine, salta Guilherme e insacca liberissimo Wague. Azione, con tutto il rispetto, da squadra di dopolavoristi.
Segue mezz’ora di confusione da urlo, batti e ribatti che potrebbero portare ad altri danni se l’Udinese avesse qualche altro pezzo buono da affiancare a Di Natale e Widmer nelle ripartenze. Il primo tiro viola nella porta di Karnezis è al 42’, autore Basanta. Si va al riposo convinti che Montella dovrà cambiare qualcosa, questa squadra non è nemmeno parente alla lontana di quella che ha sbancato Roma.
E invece si ritorna in campo con gli stessi undici, ma qualcosa almeno nelle teste e nei cuori è cambiato. Si comincia a cercare la profondità, anziché le linee laterali. Su una penetrazione neanche trascendentale di Kurtic, Wague lo stende nei pressi del limite dell’area. Sul pallone va Ilicic che da fermo i piedi buoni li ha, il suo cross per la testa di Mario Gomez è perfetto, il tedesco può segnare finalmente e splendidamente uno dei gol per i quali era diventato Supermario.
Neanche due minuti dopo, su un tentativo di manovra da parte di una a questo punto frastornata Udinese, Badelj ruba palla a centrocampo e parte in break. Palla a Ilicic che stavolta fa una cosa pregevole, arrivando in area e smarcando Gomez con un assist perfetto. Il tedesco a tu per tu con Karnezis è implacabile e porta clamorosamente la Fiorentina in vantaggio.
Partita ribaltata con una facilità disarmante, malgrado una prestazione fino a quel momento approssimativa. Tipico delle grandi squadre, o che stanno diventando tali. Sarebbe altrettanto tipico a quel punto tenere il risultato attraverso il possesso palla (cosa che a questa Fiorentina dovrebbe essere congeniale) e le ripartenze. L’idea di Montella sarebbe quella, allorché toglie lo spento Borja Valero per Mati Fernandez.
L’idea dell’Udinese infine è di avventarsi su una Fiorentina che pensa di essere già arrivata. E come si diceva, nella vita non lo si può mai pensare. Dapprima ci si mette addirittura Neto ad uscire a vuoto, e meno male che Guilherme dalla distanza non centra la porta, manco fosse la trasformazione di una meta a rugby. Poi arriva la frittata. Come un anno fa a Milano Cambiasso, Di Natale in area viola fa quello che vuole, tanto non lo guarda nessuno. La sua semirovesciata taglia fuori al difesa viola, con Tomovic che sta a guardare come le Stelle di Cronin e Kone che gli sbuca dietro segnando il più facile dei pareggi.
L’idea dei suoi ragazzi (che per sua stessa ammissione non sempre lo stanno a sentire) è quella invece di continuare a giocare a viso aperto, spensierati, tatticamente sciagurati.
A quel punto, Neto può riscattarsi ampiamente perché le tre occasioni successive sono tutte per l’Udinese, che tenta di vincere. Poi tocca a Gomez cercare la tripletta, ma Karnezis gli dice di no. Poi tocca a Montella provare a correggersi inserendo dapprima Salah e poi Gilardino al posto di Ilicic e Joaquin, stasera ben contenuto da Gabriel Silva. Ma è tardi, e l’unico tiro in porta della Fiorentina a quel punto è una ciabattata di Pasqual che non aggiunge nulla alla leggenda del capitano.
Una Roma in stato preagonico riesce a portare via tre punti da Cesena, seguita dalla Lazio che mata in casa il Verona e dalla Samp che maramaldeggia sull’Inter. Proprio la banda di Sinisa farà visita a quella di Montella a Firenze dopo la sosta per la Nazionale, aprendo l’uovo di Pasqua della Fiorentina per lasciarvi chissà quale sorpresa.
C’è bisogno di questa sosta per ricaricare un po’ le batterie, riordinare le idee e recuperare infortunati e fuori forma. Poi comincerà un rush finale con pochi precedenti nella storia viola, impegnata nelle fasi finali di due Coppe e in una rincorsa al terzo posto in campionato che francamente non parrebbe proibitiva. A condizione di non buttare via altri punti come ieri. Tempo per recuperare ormai ne è rimasto poco. E le grandi squadre, come dice Supermario, queste cose non le fanno.

Nessun commento:

Posta un commento