Fa rabbia. Due punti persi
proprio nel momento in cui nelle posizioni di alta classifica tutto è in
movimento e di fronte ad una Udinese tutt’altro che trascendentale. Se quella
di ieri fosse stata una gara ciclistica, potremmo dire che Roma e Lazio provano
ad allungare e solo la Sampdoria riesce per ora a resistere al loro scatto,
mentre la Fiorentina rimane piantata sui pedali insieme al Napoli avendo
sbagliato rapporto. Ma è una gara di calcio, si gioca – o si dovrebbe giocare –
in undici e al posto di un attrezzo tutto sommato dal funzionamento abbastanza
semplice ed inesorabile come la bicicletta c’è una palla, che com’è noto è
rotonda. E a volte rimbalza come pare a lei e non come ti aspetti.
La vita è un percorso di crescita in tutte le cose umane, e non puoi mai dire di essere arrivato. Perfino ad un mostro sacro come Mourinho può capitare di farsi sfuggire sotto il naso un Salah. Figuriamoci se non può succedere ad un giovane allenatore in ascesa come Montella di lasciarlo in panchina per settanta minuti mentre la sua squadra annaspa. Per quanti progressi abbia dimostrato di aver compiuto Vincenzo soprattutto in questa stagione, l’errore ci può stare sempre.
La vita è un percorso di crescita in tutte le cose umane, e non puoi mai dire di essere arrivato. Perfino ad un mostro sacro come Mourinho può capitare di farsi sfuggire sotto il naso un Salah. Figuriamoci se non può succedere ad un giovane allenatore in ascesa come Montella di lasciarlo in panchina per settanta minuti mentre la sua squadra annaspa. Per quanti progressi abbia dimostrato di aver compiuto Vincenzo soprattutto in questa stagione, l’errore ci può stare sempre.
L’importante, usando ancora
metafore ciclistiche, è rimontare in sella subito e riprendere a pedalare.
Oppure mostrare – come ha fatto il prode Mario Gomez ai
microfoni della televisione subito dopo il match – un comprensibile e
condivisibile disappunto per come la squadra ha sciupato malamente i suoi due
splendidi gol. Queste cose una grande squadra non le deve fare, e non ci sono
alibi, men che meno quello della stanchezza, visto che il mister ha sempre
operato un ampio turnover.
Già, il turnover. Magari con due
settimane di riposo davanti stavolta a Udine se ne poteva fare a meno, per
sfruttare il turno non proibitivo e restare agganciati al gruppo in fuga. Poi
ci sarebbe stato comunque il tempo di recuperare affaticati e infortunati.
Invece Montella decide di lasciare in panchina l’arma letale egiziana e di
scendere in campo con almeno tre giocatori dal rendimento in questo momento
problematico, che ottengono per almeno un tempo di esaltare un’Udinese che
naviga ai margini della zona pericolosa della classifica, aggrappata al
sempiterno e inossidabile Totò Di Natale e a poco altro.
Prima della gara, aveva parlato
una vecchia conoscenza del tifo fiorentino. Andrea Carnevale è
uno spettro che evoca un passato a cui da queste parti nessuno preferisce
riandare col pensiero, se appena può. Quel giugno 1993 è ancora una ferita
aperta, con quel biscotto tra romanisti e friulani che costò ai viola
una retrocessione in B capace di avvelenare tra l’altro gli ultimi mesi di vita
di Mario Cecchi Gori. L’uomo che adesso fa l’osservatore per
l’Udinese quel giorno giocava per la Roma e sbagliò un gol a porta vuota che
consentì all’Udinese (alla quale l’anno dopo fu praticamente regalato) di
salvarsi al posto della Fiorentina.
Carnevale suona adesso la tromba
annunciando spavaldo una grande partita dell’Udinese. Anche se buona parte
degli attuali portacolori viola erano appena nati all’epoca del fattaccio, la
sua faccia e le sue parole sarebbero una motivazione sufficiente, se
all’ambiente viola ne mancassero. Nessuno è mai riuscito a saldare veramente il
conto ai friulani (ai romanisti forse finalmente sì), che anzi nel corso degli
anni sono diventati una specie di bestia nera per i viola, soprattutto nell’era
Guidolin – Di Natale.
Adesso sulla panchina bianconera
c’è il dandy Stramaccioni. Cambiando gli allenatori, il prodotto non
cambia. Una Fiorentina morbida e sconclusionata si offre alle ripartenze
friulane coordinate dal vecchio intramontabile bomber napoletano a cui la
stessa società viola ha fatto una lunga corte mai andata a buon fine. Almeno
due generazioni di difensori viola non ci hanno capito niente su come si marca
il numero 10 dell’Udinese. Che lo schiaffo in faccia alla Fiorentina – più o
meno doloroso – trova sempre il verso di rifilarglielo. Più facile quando è ben
disposta (di atteggiamento, non in campo) come ieri.
Vincenzo Montella lascia in panca
Salah e mette in campo insieme al falso nueve un falso centrocampo. Ci
sarebbe per la verità un nueve vero nella persona di Mario Gomez
redivivo, centravanti vecchia maniera che avrebbe un gran bisogno di una
seconda punta che lo aiuti e gli crei spazi, per non ritrovarsi abbandonato in
avanti come gli succede anche in Friuli per almeno un tempo. Dietro di lui, se
si eccettua un Badelj sempre più in crescita e ieri anche
decisivo nell’azione del secondo gol viola, c’è praticamente il nulla.
Kurtic ormai è un
caso: potrebbe trovare impiego in tante aziende di proprietà dei Della Valle,
non si capisce perché proprio in quella che si occupa di calcio. Borja
Valero è un altro caso: gli standard minimi per giocare in serie A
sono sempre più lontani, nell’occasione ha il passo di un giocatore di calcio a
5 categoria over 40. Ilicic è il solito equivoco, non
giocherebbe nemmeno male e ci metterebbe anche impegno, ma di velocizzare la
manovra e saltare l’uomo proprio non se ne parla.
Con questo centrocampo di avventizi il primo tempo è come un’equazione matematica. L’Udinese trova un gol francamente ridicolo dopo un quarto d’ora di possesso palla della Fiorentina senza sbocchi. Sul solito corner a cui mezza Fiorentina assiste come le belle statuine, salta Guilherme e insacca liberissimo Wague. Azione, con tutto il rispetto, da squadra di dopolavoristi.
Segue mezz’ora di confusione da urlo, batti e ribatti che potrebbero portare ad altri danni se l’Udinese avesse qualche altro pezzo buono da affiancare a Di Natale e Widmer nelle ripartenze. Il primo tiro viola nella porta di Karnezis è al 42’, autore Basanta. Si va al riposo convinti che Montella dovrà cambiare qualcosa, questa squadra non è nemmeno parente alla lontana di quella che ha sbancato Roma.
Con questo centrocampo di avventizi il primo tempo è come un’equazione matematica. L’Udinese trova un gol francamente ridicolo dopo un quarto d’ora di possesso palla della Fiorentina senza sbocchi. Sul solito corner a cui mezza Fiorentina assiste come le belle statuine, salta Guilherme e insacca liberissimo Wague. Azione, con tutto il rispetto, da squadra di dopolavoristi.
Segue mezz’ora di confusione da urlo, batti e ribatti che potrebbero portare ad altri danni se l’Udinese avesse qualche altro pezzo buono da affiancare a Di Natale e Widmer nelle ripartenze. Il primo tiro viola nella porta di Karnezis è al 42’, autore Basanta. Si va al riposo convinti che Montella dovrà cambiare qualcosa, questa squadra non è nemmeno parente alla lontana di quella che ha sbancato Roma.
E invece si ritorna in campo con
gli stessi undici, ma qualcosa almeno nelle teste e nei cuori è cambiato. Si
comincia a cercare la profondità, anziché le linee laterali. Su una
penetrazione neanche trascendentale di Kurtic, Wague lo stende nei pressi del
limite dell’area. Sul pallone va Ilicic che da fermo i piedi buoni li ha, il
suo cross per la testa di Mario Gomez è perfetto, il tedesco può segnare
finalmente e splendidamente uno dei gol per i quali era diventato Supermario.
Neanche due minuti dopo, su un
tentativo di manovra da parte di una a questo punto frastornata Udinese, Badelj
ruba palla a centrocampo e parte in break. Palla a Ilicic che stavolta fa una
cosa pregevole, arrivando in area e smarcando Gomez con un assist perfetto. Il
tedesco a tu per tu con Karnezis è implacabile e porta clamorosamente la
Fiorentina in vantaggio.
Partita ribaltata con una
facilità disarmante, malgrado una prestazione fino a quel momento
approssimativa. Tipico delle grandi squadre, o che stanno diventando tali.
Sarebbe altrettanto tipico a quel punto tenere il risultato attraverso il
possesso palla (cosa che a questa Fiorentina dovrebbe essere congeniale) e le
ripartenze. L’idea di Montella sarebbe quella, allorché toglie lo spento Borja
Valero per Mati Fernandez.
L’idea dell’Udinese infine è di avventarsi su una Fiorentina che pensa di essere già arrivata. E come si diceva, nella vita non lo si può mai pensare. Dapprima ci si mette addirittura Neto ad uscire a vuoto, e meno male che Guilherme dalla distanza non centra la porta, manco fosse la trasformazione di una meta a rugby. Poi arriva la frittata. Come un anno fa a Milano Cambiasso, Di Natale in area viola fa quello che vuole, tanto non lo guarda nessuno. La sua semirovesciata taglia fuori al difesa viola, con Tomovic che sta a guardare come le Stelle di Cronin e Kone che gli sbuca dietro segnando il più facile dei pareggi.
L’idea dei suoi ragazzi (che per
sua stessa ammissione non sempre lo stanno a sentire) è quella invece di
continuare a giocare a viso aperto, spensierati, tatticamente sciagurati.L’idea dell’Udinese infine è di avventarsi su una Fiorentina che pensa di essere già arrivata. E come si diceva, nella vita non lo si può mai pensare. Dapprima ci si mette addirittura Neto ad uscire a vuoto, e meno male che Guilherme dalla distanza non centra la porta, manco fosse la trasformazione di una meta a rugby. Poi arriva la frittata. Come un anno fa a Milano Cambiasso, Di Natale in area viola fa quello che vuole, tanto non lo guarda nessuno. La sua semirovesciata taglia fuori al difesa viola, con Tomovic che sta a guardare come le Stelle di Cronin e Kone che gli sbuca dietro segnando il più facile dei pareggi.
A quel punto, Neto può
riscattarsi ampiamente perché le tre occasioni successive sono tutte per
l’Udinese, che tenta di vincere. Poi tocca a Gomez cercare la tripletta, ma
Karnezis gli dice di no. Poi tocca a Montella provare a correggersi inserendo
dapprima Salah e poi Gilardino al posto di Ilicic e Joaquin,
stasera ben contenuto da Gabriel Silva. Ma è tardi, e l’unico tiro in porta
della Fiorentina a quel punto è una ciabattata di Pasqual che
non aggiunge nulla alla leggenda del capitano.
Una Roma in stato preagonico riesce a portare via tre punti da Cesena, seguita dalla Lazio che mata in casa il Verona e dalla Samp che maramaldeggia sull’Inter. Proprio la banda di Sinisa farà visita a quella di Montella a Firenze dopo la sosta per la Nazionale, aprendo l’uovo di Pasqua della Fiorentina per lasciarvi chissà quale sorpresa.
Una Roma in stato preagonico riesce a portare via tre punti da Cesena, seguita dalla Lazio che mata in casa il Verona e dalla Samp che maramaldeggia sull’Inter. Proprio la banda di Sinisa farà visita a quella di Montella a Firenze dopo la sosta per la Nazionale, aprendo l’uovo di Pasqua della Fiorentina per lasciarvi chissà quale sorpresa.
C’è bisogno di questa sosta per
ricaricare un po’ le batterie, riordinare le idee e recuperare infortunati e
fuori forma. Poi comincerà un rush finale con pochi precedenti nella storia
viola, impegnata nelle fasi finali di due Coppe e in una rincorsa al terzo
posto in campionato che francamente non parrebbe proibitiva. A condizione di
non buttare via altri punti come ieri. Tempo per recuperare ormai ne è rimasto
poco. E le grandi squadre, come dice Supermario, queste cose non le fanno.
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