FIRENZE - Forse sono feste che
ormai appartengono ad un piccolo mondo
antico in via di sparizione, arrivati ad un’epoca ormai in cui ci si
riferisce ai propri familiari come “genitore 1” e “genitore2” e si ammette a tale riguardo la
più ampia varietà di genere. Forse ormai gli unici che festeggiano realmente
sono i venditori di dolciumi associati per tradizione a queste festività, e con
i quali si tenta di sopperire per almeno un giorno alla carenza di sentimenti o
quantomeno alle difficoltà di esprimerli tipica un po’ di tutti quelli che una
volta si chiamavano affetti, in primis
quelli più naturali, che legano o dovrebbero legare genitori e figli.
Sono sempre feste nel calendario,
tuttavia, anche se una legge del 1977 ne ha soppresso gli effetti civili, al
pari di tante altre festività religiose o comunque popolari non più celebrate.
Il 19 marzo resta come Festa del Papà in un mondo in cui ormai alla figura
paterna in ambito non solo familiare ma più generalmente civile non si sa più
che valore attribuire. E non tanto da parte dei malcapitati figli di questo
nostro tempo, o degli altrettanto malcapitati padri sopravvissuti alle
conseguenze non sempre positive della battaglia per il divorzio e dell’onda
lunga delle sue conseguenze di dettaglio. Ma anche e soprattutto da parte della
nostra società civile e del suo ordinamento giuridico.
E dire che rispetto a quella
della Mamma, arrivata incredibilmente tardi (anni Cinquanta) nel paese più “mammone”
che esista sulla faccia della Terra, l’Italia, quella del papà aveva saputo
legarsi astutamente (o forse soltanto inevitabilmente, dato il connotato
iniziale profondamente religioso) alla figura del Padre per eccellenza, quello
putativo di Gesù, San Giuseppe.
Per quanto Figlio di Dio, Gesù
nella sua vita terrena aveva accettato senza discussioni di sottomettersi alla
figura paterna dell’uomo che era il legittimo consorte della propria madre, la
Vergine Maria. Ciò aveva tolto ogni possibile ombra o dubbio circa la natura, l’essenza
della Sacra Famiglia. E di tutte le altre famiglie che a partire dall’apparizione
della Stella Cometa avevano preso ad ispirarsi a quella, come supremo precetto
religioso.
San Giuseppe con Gesù Bambino, Chiesa di San Lorenzo in Fonte, Roma |
San Giuseppe per i Cristiani è
dunque l’archetipo paterno senza discussioni. Il 19 marzo è il giorno del
calendario in cui nel mondo cattolico si festeggia la sua figura, e dunque è
anche la Festa del Papà. Da quando esiste la Chiesa Cattolica il santo sposo
della Madre di Dio viene celebrato quel giorno. In realtà una Festa del Papà, o
Babbo che dir si voglia, dalle implicazioni anche e soprattutto laiche è nata –
come molte altre del calendario moderno – oltreoceano.
Ai primi del Novecento gli
attivisti pacifisti americani erano in cerca di simboli da contrapporre ai
venti di guerra che avevano preso a spirare sempre più intensi. Fu Anna Jarvis
a patrocinare per prima nel 1908 il Mother’s
Day in onore della propria madre, un’attivista in favore della pace. Il
successo fu immediato, e nella società americana così pronta a sposare le
battaglie per l’uguaglianza universale dei diritti, ebbe subito come
contraltare un Father’s Day
patrocinato da Sonora Smart Dodd, una metodista legatissima alla memoria del proprio padre veterano della Guerra
di Secessione e abolizionista.
Nel Secolo Americano, l’Europa
era ben disposta ad acquisire nuove tradizioni o rinfrescare le proprie secondo
le mode del Mondo Nuovo. Salvo scoprire un bel giorno che le feste del
calendario erano diventate troppe, e c’era bisogno di sfoltirle in quanto l’Italia
era ormai seconda solo al Messico per la presenza di giorni non lavorativi. La
legge 54 del 5 marzo 1977, patrocinata dal terzo Governo Andreotti, aveva
queste finalità, ed in una prima applicazione si spinse addirittura ad abolire
l’Epifania.
Se le mamme erano già state appoggiate alla seconda domenica di
maggio per le celebrazioni, i padri dovettero rassegnarsi ad andare a lavorare
anche nella propria festa, accompagnati (quando andava bene e sempre più di
rado e meno sentitamente) dagli auguri dei figli. Confortati quasi soltanto
dalle tradizionali frittelle di san
Giuseppe, o crespelle, o zeppole a seconda della latitudine
regionale, il dolce che si dice lo stesso padre terreno di Gesù vendesse per
strada per mantenere la famiglia nei tempi duri della fuga dagli armigeri di
Erode.
Ma era nulla in confronto a
quello che il diritto di famiglia, a partire dai primi sviluppi della legge
Fortuna – Baslini sul divorzio, avrebbe riservato loro nei decenni successivi. Dapprima
per mero effetto della sciagurata legislazione e della sua altrettanto
sciagurata applicazione italiana. Dei due coniugi in procinto di separazione,
la colpa sotto forma di peccato originale è stata riservata a prescindere al
padre, in una sorta di rigurgito sotterraneo – ma neanche poi tanto – di fondamentalismo
religioso. I termini delle separazioni legali devono essere punitivi al punto
da rendere impossibile materialmente la sopravvivenza ai padri, a meno che non
abbiano risorse di famiglia accumulate.
Non bastava. Solo l’Europa,
questa Europa, poteva peggiorare la situazione dei padri italiani, come del
resto per gli altri cittadini. I Padri separati dai figli, vittime di
sottrazione internazionale di minore sono l’ultima perla aggiunta – o consentita
– dal diritto comunitario alla genitorialità martoriata e negletta.
In questo 19
marzo 2015, la manifestazione celebrativa più clamorosa – se non l’unica - è quella organizzata a Roma dal flash mob “Festa
del papà senza papà”. “Domani (oggi, n.d.r.) in occasione della Festa del papà,
per molti padri non ci sarà nulla da festeggiare. Per questo abbiamo voluto
lanciare l’ennesimo appello alle Istituzioni per garantire, a tutti i livelli,
il diritto alla genitorialità”, ha dichiarato Roberta Angelilli, già Mediatore
del Parlamento europeo per i casi di sottrazione internazionale di minori e
Direzione Nazionale NCD – diritti dei minori.
“In Italia,
secondo gli ultimi dati disponibili, sono circa 345 i casi di sottrazione
internazionale di minore da parte di un genitore, un fenomeno in crescita nel
nostro Paese e in Europa. Si stima infatti – ha proseguito – che in Europa ci
siano 16 milioni di coppie binazionali. In particolare ogni anno si celebrano
circa 310mila matrimoni, che nel 50% dei casi si concludono con una separazione
o un divorzio: in questi casi a subire le conseguenze sono soprattutto i minori
contesi tra i due genitori, ma anche tra due diversi Stati e due sistemi
giuridici differenti. Inoltre nel 70% dei casi sono i papà a subire
discriminazioni dal punto di vista burocratico e processuale”. E qui si rientra
nell’alveo dell’ingiustizia generale nazionale.
Siamo il ventre molle dell’Europa
da ben prima che Winston Churchill ci definisse tale. Abbiamo coltivato questa nostra
caratteristica gelosamente nel corso dei decenni seguenti alla seconda guerra
mondiale. L’abbiamo arricchita di nuovi aspetti praticamente ad ogni presunto progresso
fatto dagli ordinamenti giuridici
nazionali e comunitari. Siamo ormai padri – e madri – di una razza in
via di estinzione.
Buon San Giuseppe a tutti.
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