Volendo, il commento all’ultima
prestazione della Fiorentina sarebbe molto semplice, e sintetico. La Lazio
quest’anno è più forte della squadra viola. 2-0 all’andata e 4-0 al ritorno
sono numeri che si discutono male, anche a non essere fanatici delle
statistiche. Ma siccome negli ultimi tempi la Fiorentina ci aveva abituati ad
un’altra dimensione, non si può essere ridiventati brocchi dopo essere stati per
quindici giorni uno squadrone.
Qualcosa è andato in tilt ieri
sera all’Olimpico, questo è indubbio. Prenderne quattro con il portiere che
risulta alla fine il migliore in campo è emblematico di una prestazione dove
non ha funzionato nulla, o quasi. Forse solo il portiere, incolpevole su tutte
e quattro le segnature laziali e capace anzi di tenere viva la partita e la propria
squadra per oltre un’ora, illudendo la tifoseria viola che anche oggi la
squadra di Montella potesse in qualche modo raddrizzare la situazione.
Una ventina di anni fa, una
Fiorentina sulla via di diventare forse ancora più forte di questa, e che aveva
in formazione oltre a signori che di nome facevano Batistuta e Rui Costa anche
l’attuale allenatore biancoceleste Stefano Pioli, ne prese otto dalla Lazio di
Cragnotti e Zeman, stabilendo il proprio record negativo nei campionati del
dopoguerra. Pioli ricorderà benissimo quel pomeriggio incredibile, con il
pubblico dell’Olimpico esaltato come ad uno spettacolo di gladiatori che chiese
perfino al portiere Marcheggiani di infierire sull’avversario a terra calciando
il rigore dell’ottavo gol biancoceleste. Ricorderà, e non immaginava certo di
essere proprio lui vent’anni dopo l’allenatore di un’altra Lazio che è andata
vicina a ripetere l’impresa.
Stefano Pioli |
La Fiorentina torna a casa con le
ossa rotte dopo una partita stranissima, che non avrebbe neanche giocato male,
non così tanto almeno da giustificare la scoppola rimediata, che – ribadiamo –
non fosse stato per Norberto Neto avrebbe potuto essere anche peggiore. Non ha giocato
male la Fiorentina, il problema è che ha giocato ad un passo nettamente
inferiore a quello della Lazio, che ha dimostrato da subito di avere nel motore
diversi cavalli in più.
E’ durata cinque minuti
l’illusione viola di mettere in difesa sul proprio campo anche la squadra di
Lotito, dopo Inter e Juventus. Finché Lucas Biglia non ha raccolto al volo una
ribattuta sull’ennesimo calcio d’angolo in cui gli uomini in viola erano
posizionati male ed ha segnato fa fuori area un gol da grande campione. Del
resto, se la stessa Fiorentina l’aveva seguito più volte nelle ultime edizioni
di calciomercato una ragione doveva pur esserci, e adesso l’abbiamo vista con i
nostri occhi.
La partita della Fiorentina si è
messa subito in salita, ed è parsa una riedizione in fotocopia di quella
dell’andata. Montella ha optato per un turnover obbligato, in parte
dall’ennesimo infortunio dei suoi attaccanti di vetro (ogni riferimento a Gomez
e Babacar è assolutamente voluto) e in parte dalla necessità di far rifiatare
qualcuno dei suoi titolari, poiché siamo soltanto a metà del ciclo di ferro che
conclude l’inverno 2014-15 e ancora c’è molto da giocare e tutto da
conquistare.
I risultati della domenica hanno
incoraggiato Lazio e Fiorentina a disputarsi questo spareggio per il ruolo di
quarta forza aspirante a diventare terza o addirittura seconda. Il problema è
che la Lazio non ha gli impegni infrasettimanali di Coppa Europa, la Fiorentina
sì. E purtroppo non ha la panchina sufficientemente lunga per far fronte al
meglio a tre competizioni.
A leggere la formazione iniziale,
con Gonzalo Rodriguez e Pizarro lasciati a riposo ed il centrocampo in mano a
Kurtic, Badelj e l’esile Mati Fernandez, Ilicic di nuovo falso nueve con Salah e Diamanti a reggere tutto il peso
dell’attacco in mezzo alla prestante difesa laziale, tre mesi fa avremmo
chiesto a Montella se si sentiva bene. Adesso le sue scelte sembrano ovvie e
necessarie, oltre che senza alternative. Anche se purtroppo non sono destinate
a pagare.
Contro il muro laziale il
centrocampo lento e prevedibile della Fiorentina si infrange costantemente senza
costrutto. O con la testardaggine di Diamanti, Ilicic e Fernandez di sfondare
al centro senza mai riuscirvi, o con le penetrazioni sulle fasce di Pasqual e –
più raramente – Tomovic finalizzate da cross a raccogliere i quali puntualmente
a centro area non c’è nessuno. E quando finalmente entra Alberto Gilardino non
ci sono più i cross e quasi non c’è più la stessa Fiorentina.
Lucas Biglia |
Il tabellino della partita dice
che quello che sarà il risultato finale potrebbe maturare già dopo venti minuti
in favore dei padroni di casa. Se Klose e Felipe Anderson non cercassero a
tutti i costi di fare gli splendidi, consentendo a Neto di ripetere le magie
fatte a Firenze con il Tottenham, alla metà del primo tempo la Fiorentina
sarebbe già da ricoverare al traumatologico. Addirittura Biglia rischia di
ripetere in modo ancora più spettacolare la segnatura che ha dato il vantaggio
alla Lazio fino a quel momento. Il volo di Neto che sventa in calcio d’angolo acuisce
i rimpianti per la mancata offerta (seria) di rinnovo da parte dei Della Valle.
Si critica male la politica di
una società che ti ha appena portato in regalo un Mohamed Salah, eppure stasera
la Fiorentina mostra tutti i limiti delle sue ultime campagne di mercato. Per
un Neto che sta sfuggendo sciaguratamente dalle mani viola, ci sono un Badelj e
un Kurtic, per non parlare di un Ilicic che non ne azzeccano una. E stasera la
Fiorentina sono soprattutto loro. Se a ciò si aggiunge una difesa che quando
non è adeguatamente protetta dal centrocampo soffre più del dovuto, il primo
tempo della squadra viola è presto spiegato.
In avanti, Diamanti pare animato nella
circostanza più da velleità che dalla consueta classe, e lo stesso Salah sconta
quella che è stata nell’ultimo anno la maledizione di Cuadrado: la necessità di
essere il rifinitore di se stesso. L’egiziano non viene mai lanciato
adeguatamente dai compagni, anzi si trova lui spesso a dettare il passaggio
smarcante. Per chi non si sa, almeno fino all’ingresso di Gilardino. Ma a quel
punto è troppo tardi, la Lazio se n’è già andata.
Quando entra il Gila per Ilicic, Pizarro ha già preso il
posto di Diamanti. La ripresa illude di veder suonare un’altra musica, con la
Lazio che ha meno fiato di prima e la Fiorentina che sembra meglio registrata e
più in controllo. Ma è, appunto, un’illusione. Al primo affondo biancoceleste,
Tomovic sotterra Felipe Anderson in area, e nemmeno il miracoloso Neto di
questi giorni riesce a dire di no al rigore di Candreva.
A quel punto il match può dirsi
finito. La Fiorentina si scora e si disunisce, la Lazio gioca sulle ali
dell’entusiasmo proprio e del proprio pubblico. E sulla voglia di Miroslav
Klose di fermare il più a lungo possibile l’orologio del tempo. Se questo ragazzo di Germania è diventato il
capocannoniere dei tornei mondiali di tutti i tempi (cancellando mostri sacri
come Gerd Muller ed il fenomeno
Ronaldo) c’è il motivo che ormai sanno tutti, dopo l’ultima edizione brasiliana.
Ed è un peccato che ai tifosi della Fiorentina egli ricordi soprattutto Ovrebo
ed il gol più fasullo della storia del calcio, che valse l’ingiusta eliminazione
dalla Champion’s ad opera del Bayern Monaco.
Miro Klose è un fenomeno di
questo sport e, dispiace dirlo, vale e varrà almeno due Mario Gomez, per
restare ai suoi connazionali. Il terzo gol segnato in tuffo di testa a volo
radente sull’ennesima ribattuta di Neto è splendido, forse superiore per
bellezza anche a quello di Biglia. Un gol alla Roberto Bettega, per chi se lo
ricorda.
Il quarto gol della Lazio, il suo
secondo personale, è invece ridicolo, e testimonia soltanto che la Fiorentina
non c’è più. Sono quattro gli uomini in viola che stanno a guardare mentre
ribatte in rete da un metro la palla del più facile di tutti i suoi gol.
Finisce così, con la Lazio che si
ferma a quattro reti e la Fiorentina che si ferma ad otto partite utili
consecutive in campionato. L’ultima volta aveva perso a Parma, ed era già un
record se consideriamo l’attualità. A Roma gioca forse la peggior partita della
gestione Montella, e il bello – o il brutto – è che come si diceva non avrebbe
nemmeno giocato malissimo. I cori del pubblico di fede laziale accompagnano
negli spogliatoi una Fiorentina alla quale comunque nessuno si sente comunque di
gettare la croce addosso. Questa squadra sta affrontando a viso aperto un ciclo
di partite terribile per le quali non è nemmeno del tutto attrezzata,e fino
alla prodezza di Biglia i riscontri erano stati tutti positivi.
Adesso tocca alla Roma, che per
fortuna corre meno della Lazio (tanto è vero che comincia a sentirne il fiato
sul collo). Per la Fiorentina che resta al quinto posto in campionato a pari
merito con la Samp c’è il doppio scontro italiano in Europa e la semifinale di
ritorno di Coppa Italia. Sono solo tre le squadre italiane ancora in corsa su
tre fronti e la Fiorentina è una di queste. Non è il momento di guardarsi
indietro. Avanti con chi ha fiato e voglia, i conti si faranno alla fine. E la
fine è ancora lontana.
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