Ci siamo sempre chiesti, noi nati
dopo la seconda guerra mondiale, cosa possa essere stato l’8 settembre. E prima
ancora Caporetto. Lo Stato, le Autorità, le Istituzioni che vengono meno tutte
insieme, crollando improvvisamente come certe palazzine e certe strade di
Napoli, sparendo di colpo. Lasciando la gente comune abbandonata a se stessa,
precipitata di colpo in una nuova Età della Pietra.
In giornate come questa di oggi,
una idea ce la possiamo fare. Da giorni gli allerta meteo avevano avvisato che
questa notte la Toscana si sarebbe trasformata nella Venezia Giulia, Firenze e
gli altri capoluoghi avrebbero emulato Trieste, la Bora avrebbe soffiato da
queste parti a livelli record.
Ma gli allerta meteo ultimamente
sono diventati come Cassandra, la celebre figlia di Priamo capostipite nella
produzione di tutti gli appelli inascoltati. E comunque ci sono calamità
naturali che non possono essere prevenute più di tanto. Solo, semmai, limitate
negli effetti da una accorta manutenzione del territorio. Quella che i nostri
padri e i nostri nonni facevano senza che nessuna legge glielo imponesse, se
non quella non scritta ed ancestrale del buon senso. E che adesso noi non
facciamo più, malgrado siamo pieni di leggi che promuovono la difesa del suolo
ed il governo del territorio.
Gli alberi non li tiene da conto
più nessuno, da quando i vecchi contadini hanno abbandonato questo mondo ed i nuovi
si limitano all’agricoltura biologica che si tiene alla larga da fiumi e
boschi, perché non redditizi. Gli Enti Pubblici che hanno preso il loro posto e
le loro responsabilità (ma non la loro coscienza) sanno soltanto ripetere ormai
il mantra da fine del mondo “non ci sono più soldi”.
Chiome sempre più folte e pesanti
e radici sempre più deboli circondano le nostre case e le nostre strade. E
quando il vento soffia inarrestabile e violento dal lontano nord, scopriamo di
essere ormai il paese più disadatto a far fronte alle intemperie. C’è da
chiedersi cosa dovrebbe succedere in Russia quando spira il Burian, o in Canada
quando arrivano i venti del Circolo Polare Artico. A Trieste quando soffia la
Bora hanno imparato ad ancorarsi al suolo e ad organizzarsi.
In Toscana ormai qualunque evento
meteorologico è eccezionale, dalla neve che fece conoscere al mondo Matteo
Renzi alle alluvioni che hanno dato la misura dell’Amministrazione Rossi. Mancava
il vento, mancava questa nuova Caporetto. In altra parte del giornale diamo
conto dei disastri accaduti sul territorio regionale, mentre già Rossi chiede a
Renzi la dichiarazione di stato di emergenza e lo stanziamento di fondi che
avrebbero dovuto essere spesi prima, e meglio.
Qui si racconta quello che è
successo nel microcosmo del Comune di Vaglia, ormai ridotto ad un Far West sia
da un punto di vista amministrativo che della sicurezza, come abbiamo già in
passato segnalato. Qui, in questo angolo sperduto di Toscana (a due passi dal
capoluogo regionale) ogni problema rischia di diventare una catastrofe, ogni
disgrazia una tragedia.
Usciamo di casa alle sette di
mattina per andare al lavoro, dopo una notte da tregenda passata a pregare che
il tetto di casa regga e soprattutto che reggano gli alberi di alto fusto che
lo circondano.
E’ andata bene, ma non del tutto. Ai lati dell’uscio di casa
piante con molti decenni sulle spalle e poca manutenzione sono arrivate al
capolinea, crollando sui pali della luce e spezzandoli, oppure distendendosi
sui cavi dell’alta tensione e restando sospesi in aria in equilibrio precario
come panni di bucato appesi ad un filo che si spera robusto.
Un po’ per dovere civico, un po’
per preoccupazione, cominciamo la trafila delle telefonate ai numeri di
emergenza. Anche perché di allontanarsi da casa neanche se ne parla. La strada
è bloccata, non passerebbe una bicicletta, figurarsi un’ambulanza. Sono le 7,30,
lo Stato non c’è più. Magari stavolta non è fuggito a Brindisi ma è a leccarsi
le ferite dei tagli alla spesa pubblica. Questi sono comunque gli esiti delle nostre
chiamate nelle tre ore successive.
112: non risponde mai, il segnale
è sempre libero, ma nessuno alza la cornetta. Per tre ore dell’Arma dei
Carabinieri che ha appena festeggiato i suoi gloriosi 200 anni di vita non ce n‘è
più traccia. Chiamare direttamente la Stazione di zona non ha miglior sorte. Da
anni ormai funziona come un ufficio postale, dalle 8,00 alle 16,00 e poi
ciccia. Stamani la Benemerita non ha risposto, ben dopo le 8,00.
115: non solo non risponde mai, ma
non dà mai neanche il segnale libero, bensì quel tono di occupato che sa tanto di
telefono staccato.
113: risponde dopo tre ore,
invitando a comporre gli altri due numeri. Facciamo presente la situazione,
allora l’operatore prende la segnalazione obtorto collo sottolineando comunque
che probabilmente in giornata non verrà nessuno, e che forse è il caso che
interessiamo direttamente l’ENEL.
ENEL numero verde: tipico
risponditore automatico ad albero. Dopo un excursus alla Jumanji riusciamo a
parlare con un operatore che dapprima se ne chiama fuori in quanto “di area
amministrativa”, poi ci indirizza verso un servizio guasti anch’esso ad albero.
Si riparte, dopo un’altra partita con il telefono parliamo con un essere umano
che prende la segnalazione. “Non promette niente”, invitandoci ad insistere
anche con 115 e Comune di Vaglia.
Comune di Vaglia: il Sindaco,
incontrato per strada, dichiara che nelle proprietà private non può
intervenire. Dalle proprie reminiscenze di protezione civile, a chi scrive
risulta diversamente, quando c’è un rischio di pubblica incolumità il Sindaco è
ufficiale appunto di protezione civile, ed entra dove ritiene opportuno. Ma
tant’é. Gli uffici comunali in compenso sono fantasmagorici, rispondono dopo le
otto e fino alle dodici, non sanno darci altro che il numero della Polizia
Municipale (peccato che si rivelerà quella del Comune di Firenze) e quello
della Protezione Civile provinciale (peccato che non risponda).
Al tramonto, di tutto questo
universo mondo che una volta era preposto alla pubblica sicurezza e alla
protezione civile non si è fatto vivo nessuno. Quei pochi rami dove non si
correva il rischio di rimanere fulminati ce li siamo tagliati da soli.
Siamo esausti, e anche un po’ più
edotti su alcuni grandi avvenimenti del passato. Sì, adesso un’idea di cosa è
stato l’8 settembre ce l’abbiamo, molto più vivida di quella acquisita sui
libri. Quanto a Caporetto, ci viene il dubbio che in Italia sia più che altro
una condizione dell’essere, piuttosto che il luogo di un famoso evento storico
di cui non è necessario aspettare il centenario per celebrarne la ricorrenza.
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