E adesso, come vogliamo chiamarli?
Dopo Leoni di Londra ed Eroi di Milano? Per lo sbancamento di Torino che cosa
inventiamo? La Curva suggerisce “immensi”. Forse l’aggettivo migliore, il più
gratificante è “normali”.
Incontrare la capolista allo Juventus
Stadium e batterla al termine di una partita in cui per lunghi tratti ha fatto
addirittura possesso palla e ha fatto sì che in uno stadio completamente
esaurito si sentissero soltanto i duemila coraggiosi saliti al seguito da
Firenze è più di quanto forse questa Fiorentina avrebbe mai potuto
sognare. O quanto forse sognava da
tempo, e non avrebbe mai pensato di vedere avverarsi. Eppure la Fiorentina
porta a casa la partita della vita in un modo appunto quasi normale, giocando a
viso aperto e facendo sembrare tutto più facile di quello che è, come le
succede da qualche settimana.
Un anno dopo la sfida che valse
il passaggio ai quarti di finale della scorsa edizione di Europa League,
bianconeri e viola si ritrovano per un altro capitolo della faida infinita.
Stavolta in palio c’è la finale di Coppa Italia 2015, obbiettivo dichiarato di
entrambe.
Rispetto ad un anno fa, malgrado
l’assenza di Pirlo ed un Pogba non in perfette condizioni, la squadra che anche
quest’anno guida il campionato fa vedere fin da subito di essere ancora sui
suoi livelli abituali. Nei primi minuti Vidal potrebbe far male due volte al
colore viola. Nei successivi novanta, per quanto spesso confusionari per la
mancanza del genio ispiratore del Pirlo nazionale, i bianconeri quando scendono
attaccando in massa o ripartendo in contropiede fanno spesso paura.
Quello che non ti aspettavi e
potevi solo sperare, appunto, è di constatare quanto è cresciuta la Fiorentina,
in questo ultimo anno. Anche i viola fanno paura adesso quando manovrano la
palla per interi minuti sulla tre quarti juventina, oppure quando scattano in
contropiede con le loro trovate - o ritrovate - armi letali. Non ci sono più
ali retrocesse a terzini (come il Cuadrado di un anno fa) o falsi nueve. I nove stasera sono veri, e
supportati da una squadra che da un paio di mesi gioca come un plotone di
assaltatori e trasforma in oro tutto quello che tocca.
Di fronte alla solita Juventus o
quasi, stavolta si presenta una Fiorentina più tosta, più consistente. A parità
di tecnica spesso i bianconeri in passato erano venuti fuori alla distanza con
la dirompente fisicità, oltre che con qualche genialata del loro mago delle
punizioni. Stavolta perfino Mati Fernandez regge botta, e dire che di botte ne
prende anche tante. Stasera poi la Fiorentina ha qualcosa che i blasonatissimi
avversari non hanno, malgrado Allegri decida ben presto di ricorrere a Tevez,
il capocannoniere del campionato, in sostituzione dell’infortunato Coman.
Non è dato sapere che cosa
passasse per la testa a direttore sportivo e allenatore del Chelsea quando
hanno deciso di privarsi delle prestazioni di Mohamed Salah per prendere in
fretta e furia Cuadrado a gennaio. L’egiziano in questo momento è un giocatore
capace di oscurare Cristiano Ronaldo e di richiamare alla memoria il miglior
Maradona, quello per capirsi del secondo gol all’Inghilterra ai mondiali del
1986.
E’ appena passato il decimo
minuto quando su una ribattuta di Gonzalo su calcio d’angolo in favore della
Juventus Salah prende palla al limite della propria area e si invola in un coast to coast forse appena un capellino
meno spettacolare di quello di Dieguito ma altrettanto efficace. La sterzata a
metà campo con cui si libera dell’ultimo uomo Padoin e il tiro al sette con cui
dopo una galoppata di settanta metri fulmina Storari sono le prime due pietre
preziose incastonate in questa partita dal fuoriclasse egiziano. Chissà se
Mourinho sta guardando questa partita. Di sicuro i tifosi viola lo stanno
facendo tutti. In quel momento si stropicciano gli occhi e da quel momento cominciano
a crederci.
La Fiorentina prende coraggio da quella
prodezza e dalla consapevolezza che il gap con la capolista si è in qualche
modo ridotto, e non solo per l’acquisto di questa Ira di Dio, anzi di Allah,
venuta dall’Egitto via Londra. Per lunghi tratti si rivede la Fiorentina
spagnola, quella che tiene palla in modo anche pregevole e poi all’improvviso
cerca l’affondo. Non è solo Salah a provarci, anche Gomez e Joaquin stasera
sono un piacere per gli occhi. Nella Juve, l’assenza di Chiellini contribuisce
a incrementare le opportunità per i viola.
I bianconeri comunque quando
riprendono palla sono sempre temibili. Basta un niente e te li trovi al tiro,
come al 23’
quando Pepe riceve palla sulla destra e crossa dalla tre quarti. Nessuno si
ricorda di saltare insieme a Llorente (sarà l’unico errore della splendida
partita di Basanta), che con uno stacco imperioso fulmina l’incolpevole Neto.
Tutto da rifare? Intanto c’è il
gol segnato fuori casa, poi c’è una Fiorentina che non si abbatte e continua a
mettere in campo la sua ritrovata personalità. Il portiere sarà anche già della
Juve, ma stasera gioca ancora per i viola, e lo fa da grande portiere quale è
diventato. Neto rischia anche l’incolumità in una circostanza sbattendo contro
il palo in ricaduta, in altre rischia il buon nome proprio gettandosi sui piedi
dell’Apache o dei suoi compagni
d’attacco bianconeri.
Gomez va a prendersi palla in
difesa e lotta su tutti i palloni. In un’occasione disimpegna con Salah nello
stretto settore difensivo di sinistra manco fosse Cabrini che duetta con
Causio. Stasera perfino Kurtic gioca a livello quasi di eccellenza, peccato che
la sua mira sia sbilenca. Stasera va tutto bene alla Fiorentina. Ancor meglio
nella ripresa, dove la Juventus stenta a prendere l’iniziativa ed i portatori
di palla viola si divertono a farla girare in attacco manco fossero quelli del
Barcellona.
L’ora è la stessa di san Siro, il
10’ della
ripresa, quando l’Uomo delle Piramidi sbanca anche lo Juventus Stadium. Il gol
stavolta ricorda quello di Diamanti all’Atalanta. Solo che vale molto di più.
La palla piazzata da Salah alle spalle di Storari vale per la Fiorentina una
ottima chance di qualificarsi alla seconda finale consecutiva di Coppa Italia a
spese della rivale di sempre. Per la Juventus vale la prima sconfitta casalinga
dall’aprile 2013, l’ultimo a riuscire nell’impresa di portar via tre punti da
questo stadio era stato nientemeno che Il Bayern Monaco.
Nei quaranta minuti restanti, lo
splendido tabellino viola mostra che Neto e compagni corrono solo un pericolo
su una ciabattata inguardabile di Pereyra e un altro sulla zampata dell’Apache a cui Neto chiude la porta da par
suo. E’ forse il dato più eclatante di questo match. La Juventus ci mette tutto
quello che ha per raggiungere il pareggio, e non è poco come dimostra anche il
campionato attuale. Sembra poco semmai per merito della Fiorentina che stasera
non concede niente. Anzi potrebbe chiudere il discorso qualificazione negli
ultimi minuti, se Diamanti (subentrato a Salah) e Ilicic (subentrato a Mario
Gomez) non sprecassero davanti a Storari una occasione analoga a quella avuta
dal Tottenham a Firenze e sventata clamorosamente da Neto.
Finisce con un 2-1 che è sempre
un risultato storico qui a Torino per la Fiorentina. La quale non deve
illudersi affatto – come insegna anche la storia recente – di aver ancora ottenuto
alcunché, in vista di una durissima gara di ritorno. Ma può assolutamente
confortarsi con le certezze di gioco e di personalità raggiunte.
Il calcio italiano invece può
confortarsi con lo spettacolo dell’abbraccio finale tra bianconeri e viola che
è soprattutto un messaggio di speranza per il futuro. Considerato da dove
partono queste società e queste tifoserie ogni volta che si confrontano, c’è da
auspicare che nemici che si odiano con tutto il cuore possano un giorno
diventare “normali” avversari sportivi. Ne guadagnerebbe tutto il movimento
sportivo, come si dice in questi casi. Ne guadagnerebbe un paese dove si
tornerebbe a parlare di ordine pubblico per motivi più seri e soltanto per
quelli. Ne guadagnerebbe soprattutto la Fiorentina, per quanto si è visto ieri
sera. Se si gioca a calcio e basta, a Firenze in questo momento si può sognare.
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