Il Diavolo e tanta
acqua. Fino al minuto 83 di Fiorentina – Milan questo sarebbe stato il titolo
dell’articolo che state leggendo. Un resoconto piuttosto dimesso delle
difficoltà della Fiorentina stessa a far fronte a tanti impegni ravvicinati di
alto livello con un organico sottodimensionato in quantità e qualità. Tanto da
far risorgere come Lazzaro anche il Milan crepuscolare di Pippo Inzaghi, dopo l’incerottata
Roma di Rudy Garcia.
Fino al minuto 83. Poi il vento
che soffia favorevole alle spalle della squadra viola in questo scorcio di
inverno 2015 ha
scompigliato tutto, dal risultato finale di una partita incredibile dapprima
per quanto è stata brutta e poi per le emozioni che ha comunque saputo dare nei
minuti finali, fino alla necessità per il cronista di inventarsi un titolo
capace di riassumere efficacemente tutto ciò che a livello di sentimenti e sensazioni
era contenuto nell’urlo finale dello stadio Franchi al 96’.
Abbiamo parlato tante volte di “inerzia”
della partita. E’ un concetto che più che con la fisica dei corpi ha a che fare
con la metafisica dell’essere, quel concetto di Destino, o più appropriatamente
di Fato, che fin dal tempo degli Antichi Greci sappiamo essere sotteso a tutte
le cose umane, e quindi anche a quello che è lo sport umano per eccellenza, il
gioco del calcio.
Il Destino - o Fato a seconda dei
gusti e delle inclinazioni filosofiche - di una partita appare a volte segnato
in partenza. Ci sono match che chiaramente non cambierebbero nel risultato
neanche se durassero quattro giorni di fila. Altri invece che per quanto male
comincino e proseguano appaiono (non soltanto ai tifosi più accecati dalla
passione) destinati a concludersi in apoteosi. Termine che significa a sua
volta glorificazione.
Al minuto 83 i nodi del destino
di questa Fiorentina vengono sciolti, e la partita va ad aggiungersi al filotto
da lei messo insieme in quest’ultimo mese. Roma, Inter, Tottenham, Juventus e
adesso anche Milan sono le vittime illustri della Banda Montella, una serie che
a occhio e croce non ha precedenti negli ultimi 40 anni. Un filotto che vale il
quinto posto in coabitazione con la Sampdoria ad un punto dal Napoli e cinque
dalla Roma, a cui tra due giorni i viola andranno a rendere visita per il
passaggio ai quarti di Europa League.
Presentando questa partita
avevamo scritto che la gara più difficile era proprio questa casalinga contro
una nobile decaduta come la truppa di Pippo Inzaghi, che come già un anno fa
avrebbe potuto trovare qui al Franchi le condizioni favorevoli per risorgere. Per
buona parte del match infatti succede proprio questo. Il turnover obbliga
Montella a schierare una sorta di Fiorentina B, anche se a questo punto della
stagione non si sa più realmente chi è titolare e chi no.
Tra infortunati, convalescenti,
risparmiati per giovedi, risparmiati per rispetto all’età e squalificati, sono
fuori gioco Salah, Diamanti, Tomovic, Savic, Pizarro, Gomez, Babacar. Vargas ed
Alonso sono in panchina, con Joaquin e Badelj. In tribuna – per condire il
tutto – c’è quel Rossi che a quest’ora avrebbe dovuto essere rientrato in
gruppo. In compenso, lo strepitoso Neto di queste ultime settimane viene
confermato a furor di popolo, e anche stasera avrà il suo da fare risultando
determinante.
In campo va un 3-5-2, o meglio un
3-5-1-1 che apparentemente ricalca gli schemi consueti di Montella. In realtà,
senza Savic e Pizarro dietro e con il peso dell’attacco tutto sulle spalle di
un Gilardino per la prima volta impiegato per 90 minuti e di un Ilicic a cui
ormai la qualifica di falso nueve si attaglia come un debito kharmico, con Rosi
e Richards sulle fasce e Borja Valero e Aquilani nel mezzo a non far
rimpiangere tra tutti e due il Pek, ne viene fuori qualcosa che della squadra allenata
finora da Vincenzo Montella è francamente parente alla molto lontana.
Il primo tempo sembra un deja vu,
una di quelle partite degli anni bui, gli anni 70, quando il calcio italiano
viveva un momento di crisi epocale quasi come l’attuale, e cercava una sua
dimensione trascorrendo le domeniche tra pallonate inguardabili e giocate –
chiamiamole così – da dimenticare. La Fiorentina appare messa in campo
approssimativamente, e anche stanca di testa. Il Milan non fa niente di
eccezionale, ma la scelta di Inzaghi di mandare tre attaccanti contro i tre
difensori di Montella si rivela pagante. Honda, Menez e Destro fanno paura in
almeno tre occasioni ad un Franchi che si aspetta ad un certo punto di rivivere
incubi che si chiamano Lazio o Napoli. Un po’ la presenza puntuale dell’ottimo
Neto, un po’ l’insipienza tecnico tattica degli attaccanti milanisti fanno sì
che il tempo si concluda provvidenzialmente sullo 0-0.
Così non può andare avanti. Per
quanto Ilicic e Gilardino, lo sloveno soprattutto, si battano con coraggio e
determinazione, risultano tagliati fuori dal resto della squadra. Il
centrocampo viola è inesistente. Aquilani è costretto a fare il vice Pizarro, e
soffre la posizione non essendo ancora ritornato al meglio delle sue
condizioni. Borja Valero meriterebbe un discorso a parte, l’abbiamo fatto più
volte e non vorremmo ripeterci. Questo non è più parente del campione arrivato
tre anni fa dal Villareal, è un giocatore che in questo momento difficilmente
raggiunge lo standard minimo per la Serie A. Che cosa gli succede lo sa solo
lui. Qui ci limitiamo a dire che anche stasera la Fiorentina gioca in 10, anzi
peggio perché a volte il giocatore spagnolo è di ostacolo ai compagni e ad una
manovra più fluida e veloce.
La difesa, non protetta da un
filtro di centrocampo, vede esaltate ampiamente le proprie lacune. In questo
schema tattico Richards è un po’ spaesato, Rosi fa quello che può e Pasqual
sacrifica la propria spinta in avanti per tappare buchi che i suoi 33 anni
appena compiuti rendono sempre più larghi. Gonzalo e Basanta sono di fatto l’unica
fune di sicurezza insieme a Neto che trattiene la Fiorentina dal baratro lungo
il quale corre per tutto il primo tempo.
Qualcuno parla di ennesima
formazione sbagliata di Montella, qualcuno sottolinea invece che la situazione
attuale non offre alternative. Una cosa è certa, questo Vincenzo Montella si fa
sempre più coraggioso ogni giorno che passa, e non si spaventa a cambiare
addirittura due giocatori insieme. Al rientro in campo, restano fuori due che
pagano al di là delle loro colpe individuali, Aquilani e Richards, ed entrano Badelj
e Joaquin, con Rosi arretrato terzino.
E’ un’altra Fiorentina. Forse c’è
stata anche la strigliata del tecnico negli spogliatoi, forse c’è la consapevolezza
che il turno di campionato offre occasioni di risalita in classifica
irripetibili, e che a questo punto non si può scegliere ancora su quale
competizione puntare. C’è un campionato da onorare e finora stasera la
Fiorentina non lo ha fatto, a parte un tiro di Ilicic che nel primo tempo
meritava miglior sorte. Ad avvio ripresa ci prova Badelj, allo stesso modo
sfortunato. Sembra il segnale della riscossa viola, ed invece passa il Milan,
nel momento migliore dei padroni di casa.
Bonaventura è stato a lungo
seguito dalla fiorentina, per poi accasarsi a Milanello. Stasera è la fonte di
gioco principale dei rossoneri, ed anche quello che se capita l’occasione non
si perita a tirare in porta. Gli capita al 10’, il tiro è sbilenco e finirebbe forse sotto
la Maratona, ma incoccia nei piedi di Destro, uno che quando si tratta di
rapinare gol alla Fiorentina è sempre presente, con ogni maglia e ad ogni
latitudine.
Nemesis, Fato, lo chiamavano i
greci. Sembra il segno lasciato su una partita destinata a finire male per la
Fiorentina. Che da quel momento mostra sì il carattere necessario a reagire ma
anche una pochezza di idee disarmante. Il gioco alla spagnola funziona bene
quando tutti stanno bene e l’avversario non si chiude in 10 dietro la linea del
pallone. Altrimenti è una jattura che vanifica qualsiasi sforzo. Per andare
contro al destino stasera ci vuole il colpo di genio di qualche campione, la
giocata di un fuoriclasse che riscatti serata e risultato.
La Fiorentina per l’appunto di
campioni in campo nella circostanza ne ha almeno due. Minuto 83’, una delle tante discese di
Joaquin Sanchez Rodriguez, incontenibile per la difesa milanista come già per
molte altre in passato. Il cross che mette alla perfezione tra Diego Lopez ed i
suoi compagni di reparto aspetta solo uno che salti al momento giusto. La
Fiorentina ce l’ha, ha il numero 2, si chiama anche lui Rodriguez, è argentino
e di nome fa Gonzalo. E’ il capocannoniere viola, da stasera.
La gioia rabbiosa di Gonzalo
mentre scappa via stringendo i pugni dopo l’inzuccata vincente mostra che la
squadra viola ha buon sangue, e lotta e lotterà fino alla fine per farselo da
sola il proprio destino, che ci riesca o no. I compagni intanto son già nel
cerchio di centrocampo, c’è fretta di riprendere. Già, la stessa fretta che ha
il pubblico, che guarda l’orologio. Altro che accontentarsi di un pareggio a
cui non credeva più nessuno. C’è il tempo per vincerla, sette minuti più
recupero. Mentalità da grande squadra, nella serata in cui si è giocato peggio.
Firenze è cresciuta tanto, insieme ai suoi giocatori.
Succede di tutto nei minuti
finali, e tutto va nella direzione sperata dalla Fiorentina. Il Fato è tinto di
viola. Al 40’
si ripete per la seconda volta l’inusuale episodio dell’infortunio dell’arbitro,
come già in occasione di Genoa – Fiorentina allorché si fece male Rizzoli e fu
sostituito dal quarto uomo Di Bello. Stasera tocca al sig. Carmine Russo, che
non ha arbitrato male, ma ha avuto la tendenza a tirare fuori il giallo sempre
e soltanto davanti al viola. La sua faccia, detto senza offesa, non è né
simpatica né beneaugurante. Molto meglio il subentrante Valeri, fino a quel
momento arbitro di porta.
E comunque i viola non danno al
nuovo arbitro alcun motivo di sbagliare. Tre minuti dopo l’azione con cui Pasqual
arriva a crossare dalla tre quarti milanista è regolarissima, ed altrettanto lo
è la posizione di Joaquin che si avventa di testa sul pallone e fa esplodere il
Franchi grazie al più bello ed al più importante dei suoi gol italiani. E’ un
peccato che il nome di questo campione non sia nell’elenco delle Furie Rosse
che vinsero il primo mondiale per la Spagna nel 2010. Di sicuro il suo nome era
già nel cuore dei tifosi viola prima di stasera. Adesso lo sarà ancora di più.
I sei minuti di recupero sono un
torello a tutto campo fatto al Milan. Alla fine, agli infradiciati spettatori
del Franchi resta la consapevolezza di aver assistito ad una bruttissima
partita finita con il risultato più desiderabile ai danni di un’avversaria
storica, un 2-1 in
rimonta di quelli che si sognano la notte. Resta anche il conforto di aver
assistito ai battiti del cuore di una squadra che forse non avrà al proprio
arco tutte le frecce necessarie, ma vuole provarci fino in fondo a tutti i
costi. E resta anche una classifica che riapre tanti discorsi, anche se la
concorrenza è nutrita e agguerrita. In serata arriva la notizia della vittoria
sampdoriana a Roma, che complica un po’ il quadro di campionato e di coppa per
i viola, destinati giovedi ad incontrare un avversario con il sangue agli
occhi.
E’ una Fiorentina che ogni tre
giorni gioca contro il Destino. La volevamo così. Avanti la prossima.
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