“Ferrari is back!” gridano dai box nell’interfono di Sebastian Vettel che ha appena tagliato per primo il traguardo del GP della Malesia. Il tedesco risponde in italiano, urlando a sua volta un “Forza Ferrari!”
che la dice lunga sull’entusiasmo che ha messo in questa nuova
avventura e sulla difficoltà di contenere (come si può apprezzare dal
camera car durante il suo giro d’onore) la gioia per questa sua prima
vittoria in rosso arrivata appena alla seconda uscita, dopo il già
notevole terzo posto in Australia.
La multinazionale rossa parla inglese ed è ben contenta di riascoltare l’inno nazionale tedesco, dieci anni dopo gli ultimi trionfi del povero Michael Schumacher che adesso sta combattendo una battaglia ben diversa. Con il suo erede ufficiale, il tedesco del sud che ha già vinto quattro titoli mondiali promettendo di tentare di raggiungere i sette del Mito di Kerpen, c’era poco da scherzare già ai tempi della Red Bull. Figuriamoci adesso che a quanto pare il Cavallino gli ha messo in mano una monoposto che sembra capace di rinverdire i fasti di quella portata nella leggenda a suo tempo proprio da Michael Schumacher.
Un tempo che sembrava ormai lontanissimo, sbiadito perfino nel ricordo soltanto un anno fa, allorché si intristiva e si avviava a conclusione la carriera in Ferrari di un altro fuoriclasse, quel Fernando Alonso la cui classe è stata inutilmente sprecata dal crepuscolo della gestione Montezemolo. Con Vettel, la Rossa ha deciso di non ripetere lo stesso errore. E adesso è fin troppo facile parlare di cura Marchionne azzeccata.
A quanto pare, il manager italo-canadese le sta indovinando davvero tutte, in questo avvio di stagione 2015 della Formula 1. Di fronte adesso c’è il colosso Mercedes, la potenza industriale della Germania egemone in Europa personificata. Bello sentir dire a Lewis Hamilton a fine gara “oggi la Ferrari per noi era troppo veloce”. Ancor più bello veder rimontare Kimi Raikkonen dall’ultimo posto in cui era precipitato per una toccata iniziale fino al quarto finale, e immaginarsi che senza quell’incidente in avvio la Ferrari in Malesia avrebbe festeggiato la sua prima doppietta stagionale.
La Germania festeggia dunque, ma ad Heppenheim e non a Stoccarda. L’Italia festeggia ovunque, perché ha visto ritrovare lustro al suo brand più famoso nel mondo, il Cavallino Rampante. Una vittoria ancora più prestigiosa perché favorita da tutte le sue componenti: macchina, piloti, squadra corse ai box, squadra di produzione a Maranello. Hamilton e Rosberg sono stati superati da tutti questi fattori, Vettel ha poi fatto sì che al traguardo i secondi di distacco fossero almeno 8.
L’Inno di Mameli risuona nuovamente sul podio di un Gran premio di F1 676 giorni dopo l’ultima vittoria di Fernando Alonso nel GP di Spagna del 2013. In mezzo, due anni di passione per la Ferrari culminata nella separazione dolorosa dal fuoriclasse delle Asturie (per il quale il periodo nero non sembra ancora terminato, prima il misterioso incidente nelle prove a Montmelò, poi il ritiro di ieri per guasto della McLaren) e nello tsunami aziendale voluto dal patron Marchionne. La Ferrari è tornata, è quello che commentano tutti stamattina in tutte le lingue.
Tra i commenti a caldo sull’impresa del Cavallino spicca su Twitter quello di un tifoso d’eccezione. “Mammamia che Ferrari in Malesia!”. Sono in quel momento le 13, 19, e ancora Valentino Rossi non ha indossato la tuta per salire in sella alla sua Yamaha n. 46. Ancora non lo sa, ma toccherà proprio a lui trasformare questo weekend italiano in qualcosa di leggendario, completando l’impresa della Casa di Maranello. A Losail in Qatar la leggenda della MotoGP parte indietro ma già dopo un giro ha rimontato dal 10° posto alle prime posizioni.
Valentino ha 36 anni, l’età in cui nella maggior parte dei casi il casco e i guanti da moto sono stati appesi al chiodo da tempo. Non i suoi. Se la moto anzi lo sorregge lui è ancora il primo della classe, e ci tiene a dimostrarlo. E’ ancora quello che frena più tardi, anche di un’inezia, nelle curve. Quello che tiene dietro tutti con la sua classe e con la sua esperienza. Tra lui ed il futuro di questo sport, Lorenzo e Marquez il campione in carica, ci sono addirittura altri due italiani, i due portacolori di una splendida Ducati (Emilia Romagna capitale mondiale dei motori), Dovizioso e Iannone. Un podio tutto italiano, Inno di Mameli e basta. Anche se gli occhi sono tutti per lui, è inevitabile. Il Re è tornato, e come per la Ferrari se la meccanica lo sorregge ne vedremo delle belle.
Per ora godiamoci questa giornata leggendaria. Grand’Italia, quando si tratta di correre c’è ancora qualcuno che si ricorda come si fa.
La multinazionale rossa parla inglese ed è ben contenta di riascoltare l’inno nazionale tedesco, dieci anni dopo gli ultimi trionfi del povero Michael Schumacher che adesso sta combattendo una battaglia ben diversa. Con il suo erede ufficiale, il tedesco del sud che ha già vinto quattro titoli mondiali promettendo di tentare di raggiungere i sette del Mito di Kerpen, c’era poco da scherzare già ai tempi della Red Bull. Figuriamoci adesso che a quanto pare il Cavallino gli ha messo in mano una monoposto che sembra capace di rinverdire i fasti di quella portata nella leggenda a suo tempo proprio da Michael Schumacher.
Un tempo che sembrava ormai lontanissimo, sbiadito perfino nel ricordo soltanto un anno fa, allorché si intristiva e si avviava a conclusione la carriera in Ferrari di un altro fuoriclasse, quel Fernando Alonso la cui classe è stata inutilmente sprecata dal crepuscolo della gestione Montezemolo. Con Vettel, la Rossa ha deciso di non ripetere lo stesso errore. E adesso è fin troppo facile parlare di cura Marchionne azzeccata.
A quanto pare, il manager italo-canadese le sta indovinando davvero tutte, in questo avvio di stagione 2015 della Formula 1. Di fronte adesso c’è il colosso Mercedes, la potenza industriale della Germania egemone in Europa personificata. Bello sentir dire a Lewis Hamilton a fine gara “oggi la Ferrari per noi era troppo veloce”. Ancor più bello veder rimontare Kimi Raikkonen dall’ultimo posto in cui era precipitato per una toccata iniziale fino al quarto finale, e immaginarsi che senza quell’incidente in avvio la Ferrari in Malesia avrebbe festeggiato la sua prima doppietta stagionale.
La Germania festeggia dunque, ma ad Heppenheim e non a Stoccarda. L’Italia festeggia ovunque, perché ha visto ritrovare lustro al suo brand più famoso nel mondo, il Cavallino Rampante. Una vittoria ancora più prestigiosa perché favorita da tutte le sue componenti: macchina, piloti, squadra corse ai box, squadra di produzione a Maranello. Hamilton e Rosberg sono stati superati da tutti questi fattori, Vettel ha poi fatto sì che al traguardo i secondi di distacco fossero almeno 8.
L’Inno di Mameli risuona nuovamente sul podio di un Gran premio di F1 676 giorni dopo l’ultima vittoria di Fernando Alonso nel GP di Spagna del 2013. In mezzo, due anni di passione per la Ferrari culminata nella separazione dolorosa dal fuoriclasse delle Asturie (per il quale il periodo nero non sembra ancora terminato, prima il misterioso incidente nelle prove a Montmelò, poi il ritiro di ieri per guasto della McLaren) e nello tsunami aziendale voluto dal patron Marchionne. La Ferrari è tornata, è quello che commentano tutti stamattina in tutte le lingue.
Tra i commenti a caldo sull’impresa del Cavallino spicca su Twitter quello di un tifoso d’eccezione. “Mammamia che Ferrari in Malesia!”. Sono in quel momento le 13, 19, e ancora Valentino Rossi non ha indossato la tuta per salire in sella alla sua Yamaha n. 46. Ancora non lo sa, ma toccherà proprio a lui trasformare questo weekend italiano in qualcosa di leggendario, completando l’impresa della Casa di Maranello. A Losail in Qatar la leggenda della MotoGP parte indietro ma già dopo un giro ha rimontato dal 10° posto alle prime posizioni.
Valentino ha 36 anni, l’età in cui nella maggior parte dei casi il casco e i guanti da moto sono stati appesi al chiodo da tempo. Non i suoi. Se la moto anzi lo sorregge lui è ancora il primo della classe, e ci tiene a dimostrarlo. E’ ancora quello che frena più tardi, anche di un’inezia, nelle curve. Quello che tiene dietro tutti con la sua classe e con la sua esperienza. Tra lui ed il futuro di questo sport, Lorenzo e Marquez il campione in carica, ci sono addirittura altri due italiani, i due portacolori di una splendida Ducati (Emilia Romagna capitale mondiale dei motori), Dovizioso e Iannone. Un podio tutto italiano, Inno di Mameli e basta. Anche se gli occhi sono tutti per lui, è inevitabile. Il Re è tornato, e come per la Ferrari se la meccanica lo sorregge ne vedremo delle belle.
Per ora godiamoci questa giornata leggendaria. Grand’Italia, quando si tratta di correre c’è ancora qualcuno che si ricorda come si fa.
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